Cortina in balia dei bulli romani: dopo l'aggressione di Capodano presi a cinghiate un gruppo di minorenni

Giovedì 6 Gennaio 2022 di Davide Piol
Cortina
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CORTINA D’AMPEZZO - «Si sono tolti la cintura, poi ci hanno preso a cinghiate». L’aggressione è avvenuta la sera del primo gennaio in corso Italia, in pieno centro a Cortina d’Ampezzo. Ed è stata la seconda in due giorni nel giro di poche centinaia di metri. Le vittime sono alcuni ragazzi di Treviso (tutti minorenni, a parte uno) che avevano raggiunto la perla delle Dolomiti per le vacanze invernali. Gli aggressori, stando al loro racconto, sarebbero alcuni ventenni che già il giorno prima, la sera di San Silvestro, hanno pestato due ragazzi di 15 anni al vicino disco bar Janbo.

Un gruppetto di sette persone, originarie di Roma, che in due giorni ha seminato il terrore per le vie di Cortina, mandando in ospedale cinque ragazzi e allontanandosi a bordo di un’auto nera. 

IL RACCONTO
«Eravamo in Corso Italia – racconta uno dei ragazzi – e stavamo tornando a casa dell’amica che ci ha ospitati durante le vacanze. Mancava un quarto d’ora all’una del mattino. Siamo entrati in una via perpendicolare alla principale e abbiamo incontrato un gruppo di romani». Incontrare persone a quell’ora non è così strano. Nel periodo natalizio Cortina registra 50mila presenze al giorno. All’improvviso, però, uno dei romani li indica e domanda: «Cosa guardate?». I ragazzi non lo badano. Ma quando la domanda viene ripetuta un’altra volta, rispondono con un veloce «niente» e si allontanano. L’incubo comincia in questo modo. I romani si sfilano la cintura e li inseguono per le vie di Cortina come gatti con i topi. Sono stati provocati? È una domanda lecita ma non fondamentale. Anche se la risposta fosse affermativa, questa non permetterebbe di giustificare la violenza subita. «Eravamo non solo tranquilli, di più – precisa l’unico maggiorenne del gruppo – stavamo cantando un motivetto degli scout. Abbiamo un video che lo dimostra in cui si vedono anche i romani, in lontananza». Gli attimi che seguono sono brevi e concitati ma impressi in moto nitido nella memoria del gruppetto di amici di Treviso che comincia la fuga. 

I COLPI
«A un certo punto – continua il maggiorenne – ci siamo trovati in una piazzetta. Ho sentito gridare “forza Lazio” e mi sono arrivate tre cinghiate: sulla schiena, sulla spalla e sull’avambraccio. Faccio ancora fatica a muoverlo». In quel momento, racconta, ci sono tre persone sopra di lui. Riesce a divincolarsi e a scappare: «Mi hanno inseguito ma ho cercato la folla. Mi sono buttato in mezzo alla gente e ha funzionato. È stato tutto molto veloce. Ricordo che un ragazzo ha colpito il mio amico con una sedia ed è svenuto a terra». Durante la fuga il gruppo di amici si divide e tutti prendono direzioni diverse. Ciascuno di loro, però, arriva alla piazzetta dell’Hotel de la Poste. «Mi sono girato – ricorda un altro – e uno dei romani ha preso una sedia in plastica dell’hotel e me l’ha scagliata contro, colpendomi in testa. Sono caduto a terra e ho perso i sensi». Nel frattempo arriva la polizia perché uno dei trevigiani, durante l’aggressione, riesce a chiamare i soccorsi tramite l’orologio e a dare l’allarme. «È gente esperta – commenta la mamma di uno dei ragazzi –. Si sentono potenti. Non auguro a nessuno di essere chiamata in mezzo alla notte dalla polizia e sentirsi dire che il figlio è stato vittima di aggressioni».

IL GIORNO PRIMA
L’aggressione ai trevigiani era stata preceduta, la notte di San Silvestro, da quella a due quindicenni romani al Jambo di viale della Stazione. Secondo alcuni testimoni, i ragazzi sono stati provocati e poi assaliti da un gruppo di sei o sette ventenni, che all’apparenza erano su di giri per l’alcol. Uno dei ventenni avrebbe tirato un pugno in faccia a uno dei quindicenni e poi altri tre gli sarebbero saliti sulla schiena, prendendolo a calci e pugni. L’amico avrebbe cercato di portarlo via ma, per tutta risposta, sarebbe stato colpito anche lui al volto. La polizia ha già svolto i primi accertamenti e avrebbe già identificato alcuni aggressori.
 

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