Non riesce a pagare l'affitto, lettera di sfratto al negozio dopo i 3 mesi di "quarantena"

Mercoledì 13 Maggio 2020 di Elena Filini
Matteo Dozzo, titolare del Moksa in piazza Santa Maria dei Battuti a Treviso
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TREVISO - Arrivato a Treviso il primo sfratto per morosità causa Covid. «Abbiamo dato mandato all’avvocato Sergio Calvetti: lo difenderemo come associazione» commenta Andrea Penzo Aiello di Treviso Imprese Unite. Costretto a chiudere a causa del coronavirus, diventato papà nei mesi della pandemia, ha informato tempestivamente la proprietà della difficoltà di poter pagare il canone d’affitto. Ma, nonostante questo, a Matteo Dozzo ieri è stato notificato lo sfratto per il negozio di Santa Maria dei Battuti.

«Una cosa indecente - tuona l’associazione - il proprietario era stato informato per tempo delle difficoltà. Non è il primo caso in Italia, oggi sono arrivati altri sfratti per insolvenza Covid, ma è la prima volta nella nostra città». Matteo Dozzo, titolare del negozio Moksa in via San Francesco e di un secondo punto vendita, in piazza Santa Maria dei Battuti, oltre allo stop forzato per l’emergenza sanitaria ha vissuto la difficoltà di un parto gemellare in piena epoca Covid.
«Nonostante questo non ha avuto alcun tipo di supporto o dilazione da parte del proprietario dello stabile». La lettera parla chiaro: poiché risultano insoluti i mesi di marzo, aprile e maggio, l’invito è a «rilasciare l’immobile, a rimuovere il distributore automatico e la telecamera di sorveglianza e a pagare i mesi arretrati».
I NUMERI
Ora Treviso Imprese Unite difenderà l’iscritto ma la storia è emblematica di un dato già anticipato da Ascom: tra i pubblici esercizi un bar o ristorante su 4 potrebbe non riaprire. Mentre nel settore abbigliamento il conto è destinato ad arrivare a fine anno: vendute le merci già in magazzino alcune insegne potrebbero spegnersi per sempre. Una data di ripartenza che dà il senso di una prospettiva, e una montagna di regole.
«Confermiamo la stima - commenta Federico Capraro - la situazione in un mese non è migliorata. Anche perché il Governo non ha previsto nessuna misura di sostegno».
Il 18 maggio il decreto fissa la riapertura di tutti gli esercizi pubblici: bar, ristoranti e osterie. E insieme parrucchieri, estetisti e negozi di abbigliamento. Una fetta variabile tra il 20 e il 30% dei negozianti e degli artigiani, però, ha già deciso di non riaprire.
«Attenderanno qualche settimana per capire se si tratta di una ripresa formale e di sostanza» il presidente dell’Ascom di Treviso. Ma il vero conto del lockdown arriverà probabilmente in settembre. «Allora capiremo davvero se la non riapertura è coincisa con la cessazione finale dell’attività».
Il Governo ha fissato una data: per molti un segno di ripartenza.
«Ma ad oggi mancano tutti i protocolli - prosegue Capraro - Spisal e Usl di fatto stanno facendo i partner, aiutando il settore a capire come si possano far ripartire le attività. Il vero problema sono le normative, che rischiano di essere differenziate tra Stato e Regione e incrementare la confusione. E le sanzioni».
Capraro fotografa una situazione che non esita a definire durissima.
«Cosa è cambiato rispetto al mese scorso? Cresce la voglia di rimboccarsi le maniche e rimettersi al lavoro, ma crescono anche limiti e difficoltà. Ma soprattutto non ci sono stati interventi di sostegno».
IL PUNTO INTERROGATIVO
Il vero interrogativo riguarda anche la tendenza dei consumatori.
«La grande incognita riguarda al momento bar e ristoranti. Ci si chiede se abbia senso rimettere in moto una macchina che ha notevoli costi vivi non sapendo cosa attendersi dai clienti. Sceglieranno il ristorante con tutte le limitazioni? Accetteranno la sosta al bar in queste condizioni?».
Secondo Capraro l’incertezza riguarda in maniera minore i negozi, che possono pensare di riaprire in sicurezza e senza grandi disagi per la clientela. Intanto da Treviso e provincia si allarga l’elenco delle saracinesche abbassate. Durante il lockdown si è quasi completamente svuotata la Galleria Bailo, i locali di piazza Trentin hanno deciso di prorogare la chiusura, alcune insegne di abbigliamento in Calmaggiore e Borgo Treviso hanno optato per il cessata attività. A Mogliano un albergo, due bar, una cartoleria e una fioreria hanno scelto di non riaprire. E le vetrine spente sono destinate ad aumentare nei diversi centri della Marca.
 

Ultimo aggiornamento: 14 Maggio, 09:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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