Ciclisti insultati e offesi per strada. Andrea Vendrame: «Ma è il nostro lavoro»

Martedì 17 Marzo 2020 di Tina Ruggeri
Ciclisti insultati e offesi per strada. Andrea Vendrame: «Ma è il nostro lavoro»
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«Insultato ripetutamente da automobilisti e camionisti che mi affiancano con comportamenti scorretti». Andrea Vendrame, corridore professionista (AG2R) si allena sulle strade trevigiane e friulane, forte del decreto governativo che, in materia di sport, prevede eccezioni per gli atleti professionisti e di interesse olimpico, che hanno dunque la possibilità di continuare il proprio lavoro. Come pure sottolinea una nota della Federazione Ciclistica Italiana: può allenarsi chi è professionista, gli altri stiano a casa a correre sui rulli. Ma non bastano le deroghe a placare l'animo di chi li incrocia per la strada. «É una sensazione strana quella di correre su strade libere, senza il traffico caotico di sempre. Ma i rischi ci sono. Devo stare attento alle auto che mi sfiorano. E c'è chi abbassa il finestrino e mi insulta in modo pesante. I camionisti urlano di tutto, dal semplice stai a casa a epiteti irripetibili -conferma Vendrame- Percorro stradine secondarie ma quando li incrocio è guerra costante. Stamattina facevo volate sulla salita del Montaner e me ne hanno dette di tutti i colori, anche se mantenevo diligentemente la mia destra. Gente che ci fa foto e poi le posta sui social scambiandoci per cicloamatori. Uno mi ha affiancato in auto rischiando di farmi cadere, io ho estratto la mia autocertificazione e il tesserino Uci che confermano che sono un professionista. E non reagisco. Ma in certi momenti fatico a trattenermi».

MESE DA DIMENTICARE
«Mi alleno come prevede il decreto -continua Vendrame- Da solo e mantengo le distanze. Obbedisco. Ma da un mese vivo una situazione pazzesca. Prima bloccato ad Abu Dhabi, nello Uae Tour. Sono rientrato a casa domenica 1 marzo, ma rimanere blindati in camera anche solo per tre giorni è stato terribile. Da allora non ho più gareggiato. Ero già diretto verso la Toscana per correre le Strade Bianche, mi ha telefonato il mio diesse dicendo di tornare a casa. E per fortuna non si sono corse le Strade Bianche e la Tirreno. Una seconda esperienza come quella ad Abu Dhabi non l'avrei sopportata». Sulle strade ci sono parecchi controlli? «Sì, ci sono, più in Friuli che nel trevigiano. Per lavoro devo spostarmi in bicicletta, tra comuni e regioni differenti. Se devo fare delle salite lunghe le devo per forza raggiungere in bici. Per una salita di 40 chilometri avrei solo il Cansiglio e sulla Crosetta passo dal trevigiano al bellunese. Cosa dovrei fare, girare la bici e tornare indietro? Invece devo constatare che ci sono in giro tanti cicloamatori, pure senza casco. Ma il loro non è lavoro. E quando chiuderanno tutto faremo rulli in salotto».

PROBLEMA NAZIONALE
«Attorno a noi c'è un brutto clima, anche se non ho ancora ricevuto insulti -sottilinea Sacha Modolo (Alpecin Fenix)- Ma esco poco, qualche sgambata per non esagerare. Voglio capire quando si tornerà a correre». A difendere il lavoro dei suoi professionisti c'è Davide Cassani, commissario tecnico della nazionale pro: «Consiglio a tutti i miei ragazzi di affrontare strade secondarie e li invito a non reagire alle provocazioni, a proseguire l'allenamento portando pazienza. É un momento complicato. Invito gli automobilisti a distinguere i corridori sulla strada, sono dei lavoratori anche loro. Il decreto permette loro di allenarsi in solitudine, non sono cicloamatori. Non dobbiamo mettere a repentaglio la salute del prossimo per un nostro capriccio personale. Inventatevi gare di rulli. Anzi l'Uci dovrebbe dotare tutti i professionisti di un dorsale, come si usa nelle corse, quello dove è stampato il numero, scrivendoci: Sono un professionista, sto lavorando. Altrimenti diventa un delirio».
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