Danni al cuore dopo il Covid. il cardiologo: «Va monitorato»

Sabato 30 Gennaio 2021 di Mauro Favaro
Danni al cuore dopo il Covid. il cardiologo: «Va monitorato»

TREVISO «I danni che il coronavirus può causare al cuore sono soprattutto indiretti. Quando c'è uno stato di infiammazione particolarmente violento, come succede nei pazienti che sviluppano la polmonite bilaterale, viene coinvolta la parte destra del cuore. Perché, a fronte di polmoni pesantemente colpiti, fatica a pompare il sangue non trovando più quel terreno fertile costituito dagli alveoli polmonari». Il rischio è messo in evidenza da Carlo Cernetti, direttore delle unità di Cardiologia degli ospedali di Treviso e Castelfranco. È essenzialmente questo l'aspetto che ha portato ad esempio alla decisione di rivalutare dal punto di vista medico sportivo tutti i giovani atleti che sono stati contagiati dal coronavirus.

Ed è per la stessa ragione che i cardiologi vengono coinvolti, quando necessario, nei programmi di follow-up post-Covid portati avanti dalle unità di Pneumologia e Malattie infettive. 


Dottor Cernetti, i danni causati al cuore dall'infezione da coronavirus possono essere permanenti? 
«Il problema regredisce nella maggior parte dei pazienti che guariscono dalla polmonite. In un piccola quota, invece, può non regredire. Se i polmoni guariscono bene, il cuore guarisce. Se il polmone rimane malato, resta malato anche il cuore. Se una persona ha avuto gravi conseguenze a livello polmonare, quindi, ci si può aspettare che indirettamente anche il cuore abbia dei problemi. Per fortuna, però, non stiamo parlando di numeri elevatissimi. E non c'è una miocardite diretta da Covid, cosa che invece può succedere con altri virus, come quelli influenzali».

 
Durante l'epidemia avete curato persone colpite da infarto e allo stesso tempo positive al Covid? 

«Una quarantina di pazienti sono entrati per infarto e sono stati trattati tenendoli isolati perché positivi, con o senza polmonite associata. Il rapporto tra infiammazione e infarto non è mai banale. Se ci sono delle placche distribuite nel corpo, nel corso di un'infiammazione è più facile che si rompano, dando origine all'infarto. In entrambi i reparti sono state create zone separate, in modo da poter sempre trattare perfettamente i pazienti che hanno un infarto e che sono simultaneamente positivi al coronavirus». 


Quanti infarti trattate in un anno tra Treviso e Castelfranco? 
«Circa 700 infarti miocardici acuti. Tra questi, 300 super-acuti, che devono essere trattati entro un'ora, e 400 sub-acuti, che vanno trattati entro 24-48 ore. Il servizio di emergenza-urgenza non è assolutamente mai stato interrotto. Nemmeno nei momenti più bui». 


Il Covid ha inciso su altri aspetti dell'attività delle Cardiologie? 
«Nella prima ondata, tra febbraio, marzo e aprile, le malattie cardiovascolari sono calate tra il 20 e il 30%. All'inizio si pensava che fosse un meccanismo legato alla riduzione dei movimenti e anche dello stress. Purtroppo, invece, la gente non è venuta in ospedale per paura di infettarsi. Per fortuna nella seconda ondata non abbiamo più assistito a questo fenomeno. Abbiamo spiegato che erano stati creati percorsi sicuri. E non ci sono stati problemi». 


Pronti a ripartire da lunedì con le visite programmate?
«Riprendiamo l'attività ambulatoriale mantenendo la guardia alta. Ci sono state messe a disposizione delle ore aggiuntive per recuperare le visite. Ma non stiamo parlando di numeri ingestibili. Nella seconda ondata il rinvio delle prestazioni è stato contenuto. Le Cardiologie di Treviso e Castelfranco hanno sempre mantenuto l'attività per il trattamento delle patologie cardiovascolari, dall'infarto alla correzione delle valvole cardiache, dal trattamento delle aritmie all'applicazione dei pacemaker. Il tutto rispettando sempre i tempi di attesa previsti». 

Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 11:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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