Colline Unesco, dal boom al crollo: «Chi ha investito ora ha solo debiti»

Giovedì 16 Aprile 2020 di Manuela Collodet
Le colline del Prosecco patrimonio dell'Umanità
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Doveva essere l’anno del boom. L’anno dei turisti a frotte, dell’accoglienza diffusa, dell’esordio dei colli del Prosecco nell’Olimpo dell’Unesco. Invece è l’anno del lockdown. La festa è finita ancora prima di iniziare. I calici sono rimasti sospesi, i ristoranti chiusi, come pure gli alberghi, gli agriturismi e tutte quelle nuove strutture ricettive figlie dell’accoglienza diffusa, create in molti casi dando fondo ai risparmi di una vita. A ruota, travolti da un’incertezza che genera ansia e smarrimento, sono finiti camerieri, baristi, cuochi e guide, oltre a un mare di altre persone che lavora nel settore. E così in una manciata di settimane il turismo è passato dal Te deum al Requiem. 
LA BEFFA
Isidoro Rebuli, patron della trattoria alla Cima di Valdobbiadene nonché presidente del Consorzio delle Pro loco, della Strada del Prosecco e della Pro loco di San Pietro di Barbozza, non usa eufemismi: il turismo è ko. «Il fatto che fosse il primo anno dell’Unesco ha creato problematiche ancora più grandi perché io e tanti colleghi abbiamo reinvestito gli utili in azienda, altri hanno investito in adeguamenti e ristrutturando i locali, altri ancora hanno riconvertito parti di abitazioni o annessi in b&b. Volevamo farci trovare pronti ai flussi di turisti in arrivo, invece ci ritroviamo chiusi, con debiti, mutui e dipendenti da pagare. Una beffa, questa è una beffa». Il settore recettivo e alberghiero è completamente fermo, come pure la ristorazione: «Qui sui colli il sistema domicilio è un palliativo, serve per far capire al cliente che ci siamo, ma dal punto di vista economico non aiuta».
LE ISTITUZIONI 
Preoccupato anche il sindaco di Valdobbiadene, Luciano Fregonese: «Vi sono situazioni economiche molto difficili, è fondamentale che lo Stato metta in campo soluzioni efficaci al più presto. Ci sono diverse persone che hanno chiesto finanziamenti per sistemare degli edifici e adibirli alla ricettività e ora si ritrovano a perdere un anno e ad avere la rata del mutuo. Per non parlare dei dipendenti. Certo, ora qualsiasi valutazione è parziale perché siamo ancora in fase d’emergenza sanitaria, ma va fatto fin da subito una piano per il turismo. Serve il supporto del sistema bancario, servono ammortizzatori sociali e la promozione turistica va completamente ripensata. Dobbiamo lavorare sulla fiducia, al turista non basterà più venire in un bel posto, ma vorrà sentirsi rassicurato e protetto». Amarezza nelle parole di Mattia Perencin, sindaco Farra di Soligo: «Doveva essere l’anno in cui dare del nostro meglio, però questa è l’amara verità con cui dobbiamo fare i conti. Anch’io ho ricevuto richieste per sistemazione di seconde case o appartamenti per adibirli alla ricettività, investimenti non grandi. Ma certo di fondo hanno perso un’annualità e capisco che può destare preoccupazione. La situazione è talmente incerta che non si possono fare previsioni, penso anche alle cantine che arriveranno a vendemmia con botti ancora piene. Il settore del turismo muoveva tantissimo lavoro nel periodo estivo e ora si è innescato un sistema difficile da gestire».
LE DISDETTE
Le disdette poi continuano ad arrivare. «Ormai ho paura ad aprire le mail – confessa Rebuli - ho tour cancellati fino a settembre. Voglio essere ottimista e sperare nell’autunno, ma tutta la fascia internazionale è comunque persa. Continuo a sperare che la stagione sia solo ritardata e che la maggior parte di chi ha fatto investimenti riesca a stringere i denti. Ma non è facile: io stesso sono riuscito a girarmi questo mese, ma il prossimo non so come farò. Ho i ragazzi che mi chiamano, ma non so cosa dire». Una ruota che macina passo passo quella della mancanza di liquidità che sta stritolando le vite di molti e si tira dietro tutto l’indotto, a partire dalle cantine. «La situazione è difficile per tutti: qualcuno salterà, chi ha fatto investimenti importanti o che già aveva problematiche, come affitti alti o aveva appena aperto, farà fatica a ritornare in pista. È una crisi fortissima anche per le cantine, che hanno ridotto in modo drastico le vendite, ma la vera problematica scoppierà con la prossima vendemmia con i produttori d’uva che non sapranno dove piazzare il prodotto». Eppure in Rebuli la fiducia non demorde. Anzi. «Dobbiamo essere pronti per il 2021: sono convinto che ripartiremo alla grande. Perché viene avanti un nuovo turismo, più green, più consapevole, più selettivo. Più adatto a noi, al nostro territorio, alla nostra storia. Nella vita bisogna saper vedere la luce anche nei momenti più bui: l’Unesco ci avrebbe portato masse incredibili che noi non eravamo strutturati per supportare. Passata la bufera arriverà il nostro momento: usiamo questo tempo come stimolo per prepararci».
Manuela Collodet
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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