Rissa a sprangate a Conegliano: preso il mandante della spedizione punitiva in piazza Chi è

Mercoledì 5 Maggio 2021
Rissa in pieno centro a Conegliano
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CONEGLIANO - Sarebbero stati loro i principali artefici della spedizione punitiva e a mobilitare il branco entrato in azione domenica pomeriggio di piazza Cima. Due giovani kosovari, di 21 e 20 anni, residenti a Parè e a Treviso, che ora oltre alla denuncia per lesioni personali aggravate e porto di armi e oggetti atti a offendere non potranno avvicinarsi a Piazza Cima per due anni, pena l'arresto. Gli agenti del Commissariato li hanno scovati entrambi a Treviso, a casa del 20enne. Ma è il connazionale 21enne (riconosciuto da una delle vittime) il vero ideatore del regolamento di conti nei confronti dei giovani rivali macedoni massacrati a colpi di spranghe e mazze ferrate domenica pomeriggio. Una violenza nata da una serie di screzi che vedono al centro una ragazza, 17enne vittoriese, contesa fra il 21enne e una delle tre vittime del pestaggio.

Il giovane kosovaro, sapendo di avere sul collo il fiato della polizia, si era rifugiato a casa dell'amico a Treviso (anche lui partecipe della rissa), dove ieri all'alba è scattato il blitz condotto in contemporanea anche nell'appartamento di Parè che divide con altri connazionali. Entrambi sono inoltre stati colpiti dal Daspo Willy, il provvedimento che per due anni vieta loro di accedere al Caffè al Teatro e a tutti gli altri bar di piazza Cima come pure alla piazza stessa durante l'orario di apertura dei locali, pena il carcere. Sale invece a dieci il numero degli identificati, su cui sono in corso ulteriori accertamenti.


I SEQUESTRI
All'alba di ieri gli agenti si sono presentati alla porta dei due appartamenti con un decreto di perquisizione della Procura. A Parè il 21enne non c'era, ma c'erano molte prove della sua colpevolezza. Diverse mazze da baseball e spranghe, le stesse utilizzate domenica. E poi gli stessi indumenti che aveva addosso quando è stato immortalato nei video delle persone che hanno assistito alla mattanza. E c'era anche una scarpa bianca. Una sola, e proprio per questo fondamentale: faceva infatti il paio con quella rinvenuta nel borsone nero abbandonato in piazza Cima, che avevano utilizzato per trasportare le armi. A Treviso invece sono stati trovati entrambi i ragazzi, che alla vista degli agenti sono scoppiati a piangere. Hanno ammesso la loro partecipazione alla rissa, tentando però di incolpare i rivali. Tutto inutile, dal momento che anche i loro telefonini sono finiti sotto sequestro per consentire di analizzare chat e telefonate. Oltre alla denuncia e al Daspo (autorizzato dal questure su proposta della Divisione anticrimine della questura), rischiano ora anche il posto di lavoro nell'azienda di Susegana dove lavorano entrambi come posatori di pavimenti. Arrivati tre anni fa in Italia senza i genitori, entrambi si sono stabiliti nella Marca come pure gli altri indagati, che vivono tra Conegliano e le zone limitrofe e che domenica sono stati chiamati a raccolta dal 21enne dopo che questi aveva avuto uno screzio verbale con il gruppo dei macedoni nella zona della stazione. Ora tutte le telecamere della città sono al vaglio per ricostruire compiutamente i movimenti del branco e identificarne tutti i componenti.


LE VITTIME
«Non chiamatelo regolamento di conti, noi siamo solo vittime» ripetono i tre giovani kosovari, cugini da loro, picchiati a sangue in piazza Cima. Sono ancora sotto choc. Hanno tutti e tre collaborato sin dal principio con le forze dell'ordine, assistiti dall'avvocato Carlotta Bernardi, dando un prezioso contributo alle indagini. «Mai si sarebbero aspettati di rimanere coinvolti in una simile vicenda e, quando si sono visti circondati, si sono soltanto istintivamente difesi ed hanno cercato di scappare - spiega l'avvocato Bernardi -; sono increduli, esterrefatti, allibiti, come tutti, d'altronde, che, per un'inezia, un simile fatto sia potuto accadere in una delle nostre cittadine di provincia, in pieno centro, una domenica pomeriggio, alla luce del sole». «Non si può dire che le vittime conoscessero i loro aggressori - conclude il legale - tranne uno, di sfuggita: due delle vittime non conoscevano proprio nessuno e si trovavano soltanto al bar in compagnia del cugino. Hanno riportato diverse gravi lesioni: i miei assistiti devono ancora sottoporsi ad ulteriori visite ed accertamenti medici per essere adeguatamente curati e constatare la reale entità e portata delle lesioni».

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Ultimo aggiornamento: 10:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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