Coltello piantato in gola: «Volevano ucciderlo». Si indaga sulle amicizie

Domenica 5 Agosto 2018 di Alberto Beltrame
Pietro Camatta
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TREVISO - La lama si è fermata a meno di due centimetri dalla carotide. Fosse stata raggiunta, l'emorragia sarebbe stata incontrollabile. Pietro, insomma, è salvo per miracolo: «Potevano ucciderlo». Ne sono convinti anche in Procura dove il sostituto procuratore Davide Romanelli ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per tentato omicidio. Chi ha ferito Pietro Camatta, accoltellato con una lama da 10 centimetri che gli ha reciso trachea ed esofago, avrebbe potuto ucciderlo. Il giovane si trova tuttora ricoverato in prognosi riservata al Ca' Foncello di  Treviso, dove venerdì mattina è stato sottoposto a un delicatissimo intervento chirurgico durato più di quattro ore. «Se va bene uscirà domani - spiegano i familiari -. Rispetto a ieri respira autonomamente». Il quadro clinico è in miglioramento ma serviranno alcuni giorni perchè si ristabilisca. Solo allora la polizia, che si sta occupando delle indagini, potrà sentirlo ufficialmente per tentare di ricostruire con esattezza, passato lo choc, cosa sia successo giovedì sera quando ignoti, «due italiani e uno straniero» ha sussurrato prima di entrare in sala operatoria ai familiari, l'hanno assalito mentre tornava a casa in bicicletta dopo una serata passata sui bastioni a Suoni di Marca. 

LE CONOSCENZE
Gli agenti della squadra mobile nelle scorse ore hanno convocato in questura gli amici con cui il 18enne ha passato la serata di giovedì. Si tratta di due coetanei con il quale lo studente del Turazza si era incontrato a cena per poi andare sulle mura. Nessuno di loro però era con Pietro quando ha inforcato la bici per tornare a casa. Non erano con lui quando, prima dell'1.50, è stato assalito con un coltello da cucina dell'Ikea, con lama da 10 centimetri, ai giardinetti ai piedi della mura, all'altezza di Porta Fra' Giocondo, dov'è stato ritrovato semisvenuto sotto un cespuglio da due ragazzi che lavorano agli stand di Suoni di Marca. Aveva ancora il coltello conficcato in gola. I due amici, però, hanno potuto fornire elementi utili su chi avevano incontrato durante la serata e su chi frequentasse il coetaneo.

LE PISTE
Accanto a Pietro, all'arrivo degli agenti della squadra volanti, era stata trovata la sua bicicletta, una bottiglia di birra, e il portafogli, dal quale erano spariti i contanti (da capire se li avesse spesi o meno).

Non c'era però il telefono cellulare. Gli investigatori non escludono quindi che il fine dell'aggressione fosse in effetti quello di rapinare lo studente, ma nonostante questo rimangono ancora aperte tutte le ipotesi. Per questo gli investigatori stanno cercando di ricostruire con precisioni la rete di conoscenze del 18nne, che potrebbe essere stato anche vittima di una spedizione punitiva mirata. Che Pietro avesse dei nemici, che sia stato vittima di una gang con la quale aveva avuto dei dissidi negli ultimi tempi? A questa domanda stanno cercando di dare risposta i poliziotti in attesa che le condizioni del ragazzo migliorino, per poterlo interrogare. C'è poi quella strana coincidenza: un mese fa era stato rapinato con simili modalità in Riviera, in zona Ponte de Fero. Tre individui, così denunciò il giorno successivo ai carabinieri, lo avvicinarono e, sotto la minaccia di un coltello, si fecero consegnare la bicicletta. Non sembrano esserci particolari affinità invece con l'episodio registrato mercoledì sera all'altezza di Porta Caccianiga, quando due gruppi di stranieri, il primo composto da cittadini gambiani, il secondo da afgani, si sono affrontati a calci e pugni. La squadra mobile, nelle scorse ore, ha cominciato a passare al setaccio le immagini delle telecamere di videosorveglianza di viale Cairoli e del centro per cercare di individuare i responsabili dell'aggressione a Camatta. Il quale, già nelle prossime ore, potrebbe fornire un preciso identikit di chi ha tentato di ucciderlo.

Ultimo aggiornamento: 13:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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