Quegli angeli in corsia vestiti da clown: «Una cura speciale»

Lunedì 27 Agosto 2018 di Mauro Favaro
Quegli angeli in corsia vestiti da clown: «Una cura speciale»
TREVISO - «Se si cura una malattia, si vince o si perde. Ma se si cura una persona, si vince sempre». È questa la certezza, sintetizzata magistralmente da Patch Adams, che spinge i volontari di Giocare in corsia, gruppo legato alla Lilt, la Lega italiana per la lotta contro i tumori, a portare ogni giorno un sorriso ai piccoli pazienti ricoverati nel reparto di Pediatria del Ca' Foncello, diretto da Stefano Martelossi. Ci sono in tutto 160 persone, di ogni tipo, ingegneri, avvocati, insegnanti, operai, studenti e così via, che si turnano in piccole squadre per essere sempre presenti: mattina, pomeriggio, sera. E le nuove richieste non mancano. Grazie al loro impegno, assieme alla sensibilità dei medici, degli infermieri e del resto del personale, arriva una ventata di normalità anche in uno dei reparti più delicati dell'ospedale di Treviso.
 
CAMICI VARIOPINTII volontari si vestono da clown. Ma le famiglie dei piccoli pazienti li vedono piuttosto come degli angeli. Ogni giorno riempiono di vita l'oasi pediatrica, angolo di paradiso multicolore con annesso giardino pensile ricavato all'interno dell'unità al quarto piano del Ca' Foncello, e passano per i corridoi e per le stanze di degenza con camici variopinti, palloncini e trucchi vari. Non si scherza su tutto. Ma si ride nonostante tutto. I volontari si relazionano con delicatezza con piccoli colpiti da qualche malattia: dai bambini che lottano contro un tumore a quelli con disturbi del comportamento alimentare, come l'anoressia, fino a quelli seguiti dal centro trevigiano di fibrosi cistica, guidato da Mirco Ros. Si fermano anche da quelli più piccoli, nati da poco, per scambiare un saluto con i genitori. «L'obiettivo che ci poniamo ogni giorno è cambiare l'aria all'interno delle stanze di degenza spiega Roberto Michielon, 65enne responsabile di Giocare in corsia con alle spalle oltre 15 anni di volontariato con la Lilt qui ovviamente si parla spesso di malattie. Il gioco, invece, consente di entrare in relazione con i bambini e con le loro famiglie in modo diverso. Si riesce a trovare spazio tra le preoccupazioni quotidiane. E così si può respirare un po' di normalità anche nelle situazioni più difficili». «Non facciamo spettacoli specifica ma curiamo le relazioni attraverso cose divertenti, togliendo i tempi di noia, che sono deleteri per i bambini e per le loro famiglie».
SEMPRE IN PRIMA LINEAL'attività del gruppo Giocare in corsia è molto articolata. Di mattina facciamo visita ai bambini e ai genitori. Poi c'è il Biscottificio in pigiama, gestito da Adriano Mellone, che regala a tutti un lato di dolcezza racconta Michielon nel pomeriggio, dalle 15.30 alle 18, ci sono i laboratori organizzati nell'oasi pediatrica. I bambini vengono coinvolti in piccole attività di bricolage. I lavoretti che producono diventano di fatto un diario della loro ospedalizzazione. Infine, l'appuntamento serale. Sei volontari si dividono tra il gioco nell'oasi, le letture di fiabe nelle stanze con i bambini che non possono muoversi e l'attività di clown per portare un sorriso prima della notte. Normalmente si finisce tra le 21.30 e le 22». A tutto questo si aggiunge il progetto Isola Serena che garantisce la presenza di un'educatrice per accogliere i bambini che devono sottoporsi a interventi chirurgici di un giorno (day surgery). «Attraverso il gioco si toglie l'ansia sottolinea il responsabile alla fine i bambini affrontano l'intervento in modo più tranquillo. A volte anche senza bisogno della pre-anestesia». Alla luce di questo elenco, si capisce che chiamare angeli le persone che si impegnano per far sorridere i bambini alle prese con gravi problemi di salute, assieme alle loro famiglie, non è un'esagerazione. In situazioni del genere non ci improvvisa.
FORMAZIONE OBBLIGATORIAOgni volontario segue periodicamente dei corsi di formazione. «Sono obbligatori mette in chiaro Michielon chi non li fa, non può continuare. La questione centrale riguarda il rapporto con i bambini malati. Si apprende come relazionarsi al meglio in contesti difficili. Abbiamo degli incontri periodici con la nostra psicologa di riferimento, Francesca Scarano. E poi c'è lo sviluppo delle attività di gioco e della lettura delle fiabe».
Il progetto Giocare in corsia è partito ormai 24 anni fa. Era il 1994. Da allora è cresciuto senza soste. La pagina Facebook, piena di foto dai mille colori, è seguita da 3.500 persone. E adesso l'attività ha varcato anche i confini italiani. I responsabili del gruppo di Treviso hanno infatti avviato un programma di formazione internazionale. 
IN CATTEDRADa qualche tempo vanno all'estero a insegnare come si può strappare un sorriso ai piccoli costretti in un letto di ospedale. Insegnano il buon umore. È una cosa difficile. Ma non impossibile. «Siamo andati in Ucraina e in Siberia, dove tra poco torneremo rivela Michielon abbiamo mostrato a dei gruppi locali come operiamo e indicato loro che quando c'è un bambino in ospedale si può e si deve andare oltre alle questioni strettamente mediche». Adesso anche loro hanno iniziato a portare un po' di allegria nei rispettivi paesi all'interno dei reparti dove vengono ricoverati i piccoli pazienti. Il fatto che la scuola di Giocare in corsia cresciuta a Treviso si diffonda praticamente a livello mondiale è il riconoscimento più bello.
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