Genitori massacrati, Katiuscia Nicolasi torna a vivere nella casa dell'orrore

Sabato 9 Marzo 2019 di Elena Filini
Genitori massacrati, Katiuscia Nicolasi torna a vivere nella casa dell'orrore

CISON - Chiudere gli occhi e vedere i corpi, il sangue sparso, la casa sottosopra. E, tuttavia, riuscire a ritornare. A un anno esatto dalla strage che ha visto morire i suoi genitori, Katiuscia Nicolasi è tornata a casa. Una scelta coraggiosa, un modo per voltare pagina rimanendo fedele ai valori della famiglia. La terra, gli animali che la madre Annamaria amava, il menage di un nucleo che aveva scelto il silenzio delle colline di Rolle, mettendo una grande distanza tra sé e il mondo.
 



Seguita da uno psicologo, sostenuta dagli zii e da un rapporto, quello con il fratello Eddy, che nonostante la distanza si è fatto più stretto, la 46enne è rientrata a vivere da poco nell'abitazione di famiglia. Quella in cui il 1 marzo 2018 ha trovato senza vita il padre Loris Nicolasi, 72 anni e la mamma Annamaria Niola 69. Quel giovedì, Katiuscia come abitudine ritorna a casa verso le 14.30 dopo il turno di lavoro al casello  dell'autostrada. La casa è a soqquadro e i genitori non rispondono alle sue chiamate. Non trovandoli, esce in giardino. Trova per primo il corpo del padre Loris, vestito a metà, uscito di fretta forse richiamato dalle urla della moglie. La chiamata ai carabinieri, poi il secondo ritrovamento: è la mamma Annamaria. I cadaveri presentano una serie di ferite da arma da taglio. Le analisi rintracciano sul corpo di Loris delle tracce di gasolio, che testimoniano il tentativo fallito da parte dell'assassino di distruggere le prove dando fuoco al suo corpo. Da quel giorno, a Katiuscia è consentito di rientrare solo per dare da mangiare agli animali. Poi le indagini, la pista e il nome di Sergio Papa, il 36enne indagato per l'omicidio dei due anziani coniugi a scopo di rapina. Infine la cattura.
LA FAMIGLIAMa la tragedia ha l'effetto di accendere i riflettori su una famiglia con le sue divisioni e i non detti, frugando in pieghe dolorose e private. Si ricostruisce nel dettaglio la vita dei Nicolasi. Da quando, è il 1973, la coppia torna in Veneto dopo tre anni a Milano che si erano rivelati fallimentari. Loris non aveva retto allo stress della vita della metropoli. Aveva deciso di tornare. Annamaria, sposata giovanissima, lo aveva sempre seguito in silenzio. Aveva lavorato, prima al ristorante e poi in un bar a Conegliano. Tutti a Rolle li ricordano come una coppia benvoluta ma riservata. Di Loris in molti ricordano la passione ambientalista e la battaglia ai fitofarmaci e ai pesticidi che avvelenano le colline. Anche Annamaria aveva trovato nella natura una fonte di benessere. Negli ultimi anni aveva riversato il suo affetto sui gatti e gli animali da cortile. Che, insieme all'orto, erano la sua vita.
I FRATELLIKatiuscia è la secondogenita, rimasta sempre in famiglia. Lavorava e lavora part-time come casellante, e la sua vita si gioca proprio in quella manciata di chilometri. Suo fratello Eddy invece sceglie di lasciare l'Italia. Dopo il primo matrimonio, da cui nascono due figli che oggi hanno 26 e 28 anni e grazie all'incontro con i Testimoni di Geova, si trasferisce a Munster in Westfalia dove apre una gelateria e incontra la seconda moglie Ioana. È la tragedia a farli ritrovare: è l'omicidio brutale dei genitori che riavvicina Katiuscia ed Eddy. Arriva il momento dei funerali celebrato con rito valdese nel parco dell'ex villa Bidasio a Nervesa della Battaglia. Per l'epigrafe scelgono una foto dei genitori giovani e innamorati. E una frase: Due vite, un'anima sola. E per la prima volta Katiuscia parla davanti alla gente e alle telecamere. Racconta, dopo tante parole, la sua verità famigliare. È avvolta in un morbido cappotto rosso, scelto di persona per ricordare la forza degli ideali di papà Loris e il romanticismo e la dedizione della mamma. Quella la sua ultima immagine pubblica.
Passano dieci mesi e il focus si concentra sul processo a Sergio Papa.
Katiuscia scivola di nuovo nell'ombra e attende. Si da il tempo per tornare a vivere. È a questo punto che compie una scelta coraggiosa, ma forse obbligata: ritornare a casa. E cancellare il ricordo di quell'orrore dando un futuro alla villetta di via Marzolle.

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