QUINTO - «Cazzaro? Non mi risulta». Benvenuti nella frazione che non c’è. E che neanche il sindaco conosce. Così piccola da contare 6 caseggiati aggrumati, da prendere due curve e una piccola strada. Il monumento più importante? Il capitello di Santa Elisa. Poi campi, un fossato e radicchio. Periferia delle periferie. Frazione delle frazioni. Incastrata fra Treviso e Quinto, con un occhio alla campagna zerotina. Pianura agricola. E sconosciuta. Almeno fino a domenica sera. Quando, su Rai 3, Luciana Littizzetto a “Che tempo che fa” se ne esce con una delle sue mirabili liste.
MAPPE NAPOLEONICHE
Il sindaco Stefania Sartori fa una rapida ricerca. Nelle mappe napoleoniche è registrato questo fazzoletto di terra, micromondo di orti e case coloniche. Navigatore impostato: si parte. Usciti dal centro di Treviso si va verso Sant’Angelo, si inforca strada di San Vitale e proprio lì, al confine fra Treviso e Quinto ecco apparire in tutta la sua agricola beltade, Cazzaro. «Ti aspetto al capitello, perchè a Cazzaro non c’è un...» il fotografo fa la rima baciata. E l’appuntamento è proprio lì, tra le frasche. Si scopre che la frazione si sviluppa da curva a curva. Tre case a destra, quattro a sinistra. È tutto. Ora bisogna trovare gli oriundi. Parleranno la nostra lingua? Saranno umani? Un occhio al campanello. Ed è un unico, democratico, solenne "citofonare Cazzaro”. Scende Marisa: «Noi a "Che tempo che fa"? Ma cosa abbiamo fatto?». Chiama rapidamente le cognate, ancora all’oscuro di cotanta fama. Escono in tre. «Abbiamo sposato i fratelli Cazzaro: viviamo nelle case qui intorno. Siamo un nucleo di circa 15 persone, con i cugini si sale a 20». L’albo dei Comuni censisce 35 abitanti: i Cazzaro rappresentano di fatto il 70% dell’umanità della frazione. «Di fronte ci sono i Piovesan, avevano anche una fabbrica di tornio portata oggi in zona industriale» dicono con noncuranza le Cazzaro original. Insomma non c’è storia: abbiamo trovato il genius loci. In breve la voce dell’improvvisa notorietà si sparge nel cospicuo raggio dei 10 metri e tutti i Cazzaro di ogni ordine e grado si affacciano. Un paio sono in quarantena affranti: hanno perso l’occasione della vita. Le nuore organizzano il rendez-vous, i figli cercano sui social la puntata con la Littizzetto.
UN COGNOME, UN CASATO
Ma le voci si abbassano quando fa il suo ingresso nell’aia Sergio, il real Cazzaro, a capo dell’azienda agricola di famiglia. «Viviamo in queste case dall’Ottocento: il nostro cognome è molto diffuso a Sant’Alberto e a Zero Branco. I nostri bisnonni si sono trasferiti qui, erano contadini. Abbiamo sempre coltivato questi terreni». È la storia toponomastica d’Italia: le famiglie danno il nome a un borgo. Sergio Cazzaro “Corin” (perchè tutti qui hanno un soprannome) mostra con orgoglio i suoi campi. «Il nostro radicchio parte per i mercati ortofrutticoli del Veneto». Distingue la prima e la seconda scelta, mentre la colonia di gatti di famiglia si muove allegra nell’insperato trambusto del pomeriggio. Gli altri Cazzaro non fanno più i contadini, ma il radicchio viene coltivato a uso familiare. «Ma cosa diceva la televisione?» Sergio si informa. È colto dal dubbio. «Sarà mica che chiamandoci Cazzaro si sia fatta dell’ironia?». Ecco che Annamaria, Ivana, Marisa e Giuliana hanno un’idea. «Lucianina ci ha dato i nostri 15 minuti di celebrità. E allora dobbiamo salutarla e ringraziarla». Così dopo 10 agili ciak di prova, estenuate dal tenere in mano le cassette mentre muovono i primi passi nel travagliato mondo dell’arte scenica, le Cazzaro girls si dicono soddisfatte del risultato. «Ciao Luciana, ci hai scovate ed eccoci qui, noi e i nostri radicchi. Un saluto da tutti. Siamo i Cazzaro. Vieni a trovarci! Scoprirai che non siamo dei cazzari!».