Irregolari al lavoro nei vigneti, anche minorenni: arrestati i caporali, titolari di un'impresa agricola Video

Mercoledì 6 Maggio 2020
Irregolari sfruttati nelle nostre vigne: i caporali erano titolari di un'impresa del settore agricolo
6

Quattro persone sono state arrestate nell'abito di un'operazione dei carabinieri di Treviso contro il caporalato nella campagna della Marca. Nel blitz dei militari della Compagnia di Treviso e dei colleghi del Gruppo Tutela del Lavoro di Venezia sono state ammanettate due coppie di pakistani accusate, a vario di titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in concorso, incendio aggravato e violenza privata tentata, ai danni di una decina di connazionali, taluni di loro privi di permesso di soggiorno, utilizzati nella lavorazione dei campi e potatura vigne della provincia di Treviso. Le vittime erano alloggiate in sistemazioni di fortuna prive di riscaldamento ed energia elettrica, svegliate all'alba, per evitare i controlli dell'Arma e stipate all'interno di furgoni, per poi essere condotte nei vigneti dove prestavano la propria opera, anche il sabato e la domenica, sotto stretta sorveglianza, fino a tarda sera.

Gli indagati, titolari di un' impresa esercente nel settore agricolo, con sede a Treviso, secondo le indagini reclutavano stranieri da impiegare come manodopera per aziende del territorio, in regime di sfruttamento.

Due degli arrestati sono stati rintracciati in provincia di Perugia.
 


Quattro misure cautelari
​Nelle prime ore del 6 maggio 2020, la Stazione CC di Roncade (TV) e il Nucleo CC Ispettorato del Lavoro di Treviso, con il supporto della Compagnia CC di Treviso e del Nucleo Operativo del Gruppo CC Tutela Lavoro di Venezia, hanno dato esecuzione, nell’ambito delle province di Treviso e Perugia, a quattro misure cautelari in carcere, nei confronti di altrettanti soggetti, due di nazionalità pakistana e due donne di nazionalità italiana e spagnola,  K.D. classe 88, A.J. classe 89, C.M. classe 70 e C.G.S. classe 88, tutti ritenuti responsabili dei reati di cui agli artt. 110 e 603 bis C.P. (sfruttamento del lavoro in concorso) commessi nei confronti di 10 cittadini pakistani, taluni di loro privi di permesso di soggiorno, tra cui anche alcuni minorenni.

La scoperta dopo una lite
Il provvedimento, emesso dal GIP del Tribunale di Treviso, su richiesta della locale Procura, trae origine da un’attività investigativa avviata e condotta, tra i mesi di febbraio e aprile 2020, dalla Stazione CC di Roncade dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Treviso e, a seguito di un intervento effettuato dall’Arma territoriale di San Biagio di Callalta (TV) per una lite avvenuta tra due cittadini pakistani dovuta al mancato pagamento della retribuzione per una prestazione di potature di vigneti presso terzi nel territorio della provincia di Treviso.

Come funzionava lo sfruttamento
Gli accertamenti condotti dai Carabinieri attraverso complessi servizi di osservazione controllo e pedinamento, oltre che controlli ispettivi e acquisizione di informazioni testimoniali rese da numerosi lavoratori, permettevano di far emergere le condotte delinquenziali degli indagati, il titolare dell’azienda fornitrice di manodopera, cittadino pakistano, un suo connazionale, stretto collaboratore e le due rispettive fidanzate. Gli stessi, in concorso tra loro impiegavano i lavoratori, approfittando dello stato di bisogno e della situazione di vulnerabilità, omettendo di versare loro la prevista retribuzione e comunque palesemente difforme dai contratti collettivi regionali e nazionali, spesso limitandosi, alla sola corresponsione del denaro ritenuto necessario per l’acquisto di sigarette e di ricariche telefoniche


Dormire per terra costava 100 euro, su un letto 200
In altri casi ai lavoratori sfruttati che venivano alloggiati con sistemazioni di fortuna prive di riscaldamento ed energia elettrica, veniva trattenuta una cifra variabile dai 100 ai 200 euro, a seconda che gli venisse assegnato un posto per dormire a terra oppure su di un letto. Gli stessi, per evitare i controlli di polizia, venivano svegliati alle prime ore della mattina e stipati all’interno di furgoni, per poi essere condotti nei vigneti dove prestavano la propria opera, sotto stretta sorveglianza, fino a tarda sera e senza il rispetto di alcuna norma di sicurezza sui posti di lavoro tanto da risultare privi di qualsiasi dispositivo di protezione individuale.

Le minacce
Le indagini hanno fatto emergere, inoltre, come gli indagati fossero soliti ricorrere a minacce nei confronti dei lavoratori per costringerli a rimanere alle loro dipendenze: se in alcune circostanze la parziale retribuzione veniva utilizzata come larvata avvisaglia di non corrispondere quanto dovuto per le prestazioni già svolte, in altre veniva prospettato il ricorso alle forze dell’ordine che sarebbero state informate dello stato di clandestinità di alcuni di loro con il conseguente rimpatrio degli interessati e dei loro parenti. 

L'auto in fiamme
Nel corso dell’attività investigativa è emersa la pericolosità degli indagati, ed in particolare del soggetto pakistano titolare dell’azienda che impiegava in regime di sfruttamento i connazionali, poiché veniva accertato come questi, nel mese di febbraio, abbia dato alle fiamme l’autovettura di un suo concittadino che stava collaborando con i Carabinieri quale interprete nel corso delle audizioni dei lavoratori tenute dai militari che stavano facendo luce sulle responsabilità degli arrestati in ordine al triste episodio di caporalato.

Ultimo aggiornamento: 12:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci