Calciatore morto nello schianto. Un ballo attorno alla bara sul battito della mani: «Ciao Luca, la numero 8 sarà per sempre la tua maglia»

Venerdì 6 Agosto 2021 di Benedetta Basso
Il funerale di Luca Vettoretti

VALDOBBIADENE - Una rosa rossa appoggiata al feretro. E la maglia bianco celeste della sua squadra: il Valdosport. Gli occhi erano bassi e gonfi di lacrime. Alcuni scuotevano la testa ancora increduli. Ieri pomeriggio, giovedì 5 agosto, sul cortile della chiesa di San Giovanni a Valdobbiadene, per l’ultimo saluto al 28enne Luca Vettoretti, c’erano oltre 600 persone, per la maggior parte giovani, e i compagni di squadra, stretti l’uno accanto all’altro, vestivano la maglia ufficiale. In prima fila il papà Tiziano e la mamma Anna Paola con la sua mano su quella di Irene, la fidanzata di Vettoretti.

E poi le sorelle Francesca e Ilaria assieme agli amatissimi nipoti di Luca: Giulio e Enea, che indossavano anch’essi abiti e scarpette da calcio. «Sei stato uno zio fantastico ed eri il collante della famiglia. Ai tuoi nipoti hai insegnato a sorridere sempre e ad amare lo sport. Per qualsiasi cosa ci sei sempre stato e se loro sono così è anche merito tuo - dice la sorella maggiore Francesca -  Avevamo dei progetti assieme e questo dimostrava la fiducia che avevamo tra noi. Dicevi che la vita era strana ma che in qualche modo, noi tre, ce l’avremmo fatta».

IL DOLORE
Tutto ieri parlava di Luca, del suo sorriso, della sua gentilezza e della sua grande voglia di vivere. Non poteva mancare la lettera da parte della direzione e dei compagni di squadra. A leggerla fra le lacrime Antonio Raia, che oltre a far parte del consiglio direttivo di Valdosport, era stato anche il professore di matematica di Luca. Con lui aveva un legame profondo, quasi come quello tra un padre e un figlio. «Da noi hai mosso i primi passi in campo e ci sei rimasto per tanti anni. Tornavi sempre. Siamo tutti sotto shock. Eri un giocatore esemplare che rispettava le regole. Stringevi rapporti di amicizia anche con gli avversari e ora la maglia numero 8 te la lasciamo, perché un posto in squadra per te ci sarà sempre». Sergio Moraru, invece, era uno dei migliori amici di Luca, morto dopo un impatto fatale a bordo della sua auto. Aveva appena trascorso un sabato sera con gli amici, e si stava dirigendo a Possagno dalla fidanzata Irene, con cui aveva una relazione da pochi mesi. Anche Sergio sottolinea che il 28enne era molto felice prima di andarsene. Era felice di vivere a San Giovanni dove stava progettando la sua futura casa. Era felice delle nuove piantine in giardino. Delle corse a petto nudo al Piave. Del tempo passato con la mamma, il papà, le sorelle e i nipoti. «Parlava a tutti, anche a chi non conosceva. Sia che avessero 5 anni sia che ne avessero 80. Ci diceva spesso di volerci bene e che grazie ad Irene stava mettendo la testa a posto. Cantava in macchina e ci faceva ascoltare le nuove canzoni. I messaggi del buongiorno ce li mandava ogni mattina e ora ci mancheranno tanto».

L’ABBRACCIO E IL BALLO
Tra la grande folla che riempiva il verde cortile della chiesa sotto il sole cocente c’erano anche il sindaco di Valdobbiadene Luciano Fregonese e il consigliere regionale Tommaso Razzolini. Hanno sottolineato come Luca mancherà alla comunità, che si stringe attorno alla famiglia e agli amici. «Se vogliamo continuare a volergli bene, amiamo la vita, rispettiamola e aiutiamoci a vicenda. Era così giovane ma ci ha lasciato così tanto, come il grande amore per la vita» dice il sindaco. Al termine della funzione, sulle note di “Gente che spera” degli Articolo 31, l’abbraccio commovente fra le sorelle e la fidanzata di Luca, a cui poi si sono uniti altri parenti e amici. E poi un battito di mani a ritmo e un ballo. Vicino alla bara. Vicini a Luca. Perché a lui piaceva così. La festa, che lui avrebbe voluto, è proseguita poi nella stalla di famiglia. «Con lui se ne va un pezzo di storia. La storia di questa piccola frazione. Mancherà e San Giovanni non sarà più lo stesso» conclude don Remo Zambon, che ha sottolineato come ancora troppi giovani perdano la vita in tragedie come questa: «E troppi genitori piangono».
 

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