Bomba carta al liceo Flaminio di Vittorio Veneto, il carabiniere sotto accusa: «Non ho tolto io quella cimice»

Martedì 24 Gennaio 2023 di Giuliano Pavan
Bomba carta al liceo Flaminio di Vittorio Veneto, carabiniere sotto accusa

VITTORIO VENETO (TREVISO) - «Non sapevo nulla delle indagini riguardo a Milacic, non sapevo fosse indagato. E quindi non avrei mai potuto dirgli nulla sulle cimici che erano state piazzate sulla sua auto». A parlare, di fronte al giudice Iuri De Biasi, è Angelo Ricci, appuntato scelto dei carabinieri all'epoca dei fatti in servizio a Vittorio Veneto. Il militare è sotto processo per l'accusa di favoreggiamento perché, secondo la Procura di Treviso, avrebbe aiutato Stefano Milacic, meccanico 52enne di Carpesica già condannato in primo grado con rito abbreviato a due anni e sei mesi per essere uno degli autori della bomba carta lanciata contro il liceo Flaminio di Vittorio Veneto la notte tra il 2 e il 3 giugno 2018, a rimuovere un dispositivo per le intercettazioni ambientali che gli inquirenti avevano installato nella sua Ford Fiesta.

La ricostruzione e la testimonianza 

Ieri in aula ha testimoniato anche lo stesso Milacic, che ha sostenuto di non aver mai parlato a Ricci delle cimici, e di aver avuto il sospetto di essere sotto intercettazione dopo aver parlato con un poliziotto allora in forze all'ufficio immigrazione della questura. Dichiarazioni che, di fatto, scagionano il militare. La Procura, però, basa l'accusa sulle intercettazioni ricavate proprio dalla cimice che è stata rimossa dall'auto di Milacic la sera dell'11 dicembre 2018. Ovvero quando il carabiniere era a casa sua per far riparare la propria auto. L'appuntato scelto, chiamato sul banco dei testimoni dall'accusa, ha risposto alle domande del pm e del suo legale, l'avvocato Giambattista Zatti. E ha respinto ogni addebito, sottolineando che lui stesso, durante l'interrogatorio, ha confermato che la voce registrata dalla cimice era la sua. Segno che, secondo la difesa, c'è sempre stata piena volontà di collaborazione e di ricerca della verità. Ricci ha affermato che quel giorno ha sentito Milacic al telefono, prendendo appuntamento nel tardo pomeriggio perché il 52enne riparasse l'auto della moglie. Mentre stava lavorando, Milacic gli mostrò un rilevatore di microspie. «Lo mise vicino alla lampada che usava per illuminare il motore - ha detto il militare - voleva provarlo anche sulla mia auto ma gli dissi di no». La questione finì lì. Poi, prima che il militare se ne andasse, Milacic era tornato alla carica: «Era tardi, e volevo solo tornare a casa». E poi se n'è andato. A giugno la discussione e la sentenza.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci