L'autobiografia di Alessandro Benetton Leggi l'estratto Il 10 maggio presentazione evento a Milano

Domenica 8 Maggio 2022 di Alessandro Benetton
Alessandro Benetton

Non sarà una presentazione tradizionale. Si annuncia come un evento originale (e già tutto esaurito) l’anteprima del libro La traiettoria, l’autobiografia di Alessandro Benetton in uscita il 10 maggio per Mondadori. L’appuntamento è fissato per domani alle 17, a Milano, negli spazi di 21 Wol, il progetto di ospitalità ibrida lanciato lo scorso anno dall’imprenditore trevigiano con suo fratello Mauro. Nell’occasione l’autore dialogherà con alcuni giovani protagonisti della Rete: l’ex calciatore Claudio Marchisio, l’illustratrice Fraffrog, lo youtuber Giuseppe Bertuccio D’Angelo di “Progetto Happiness” e la conduttrice Melissa Greta Marchetto. L’incontro sarà guidato da Giulio Incagli di “Cronache di spogliatoio”. Obiettivo? «Far emergere non solo le loro storie personali, ma soprattutto quelli che sono stati i fili rossi delle loro differenti strade, traiettorie grazie alle quali sono diventati le persone che sono oggi». Nel volume, di cui pubblichiamo un estratto in questa pagina, Benetton spiega così la propria: «Ho – come tutti – appreso lungo la strada. Grazie a esperienze, intuizioni, visioni. Sono queste che ho voluto raccontare, con la speranza che, forse, possano indicare una direzione, ispirare altri a cercare la propria traiettoria». (a.pe.)

Quando lo scampanellio metallico si spegne, un brusio serpeggia in classe: sulla porta c'è un insegnante che nessuno ha mai visto. Forse è un supplente, penso. Ha la coppola in testa, i pantaloni col risvolto dei ciclisti che non vogliono sporcarli col grasso della catena, ma è di certo un prete visto che indossa quel colletto bianco e rigido sotto la camicia. «Sono don Tarcisio» dice sberrettandosi, poi si presenta come il professore di filosofia: perché, da quest'anno, studieremo anche la filosofia.


Non appena si accomoda in cattedra, anziché attaccare con l'appello e con la spiegazione di cos'è la filosofia, don Tarcisio ci investe con una mitragliata di domande. Vuole sapere di noi, chi siamo, da dove veniamo, cosa ci piace, perché ci piace. Quando viene il mio turno, io non taccio e accenno alla bocciatura.

Don Tarcisio annuisce, l'aria partecipe e attenta, nessuna ombra nella voce o nello sguardo. Mi chiede piuttosto come mi sono sentito e se ho ritrovato il passo. Non sembra intenzionato a giudicare l'accaduto e neppure gli interessa sapere di chi ero l'altro ieri: sembra interessato a ciò che sono adesso. A chi potrà essere domani il suo allievo.


«Grazie, ora tocca a me» dice alla fine e, come per ricambiare cortesemente lo slancio più o meno generoso con cui ci siamo raccontati, ci parla un po' di sé. Abita a Oderzo, a una trentina di chilometri da Treviso, e tutte le mattine viene a scuola in bicicletta. Per gran parte dei miei compagni si tratta di un aneddoto, una curiosità. Per me no. A me basta quest'informazione per dare a don Tarcisio una collocazione tutta sua nell'universo degli insegnanti.


Io amo la libertà e le motociclette, e anche la bicicletta, che è una forma di libertà diminuita solo di un po' rispetto alle motociclette. E se un adulto va in bicicletta trenta chilometri ogni mattina, e se i suoi pantaloni hanno l'orlo arrotolato oppure fissato con le mollette per non farli smangiare dalla catena, significa che posso guardarlo dritto negli occhi per ritrovarci lo stesso luccichio che anima i miei: il senso della vita che va, si muove, non sta ferma. Per di più, ogni particolare aggiunto da don Tarcisio riesce a picconare, sgretolare, sbriciolare il muro che normalmente mi separa dagli insegnanti. «Amo la montagna» dice, e io mi predispongo all'ascolto spontaneamente. Anzi: mi sento chiamato in causa perché ho il presentimento di una piccola rivoluzione copernicana. Forse, con don Tarcisio, tutto quello che sono fuori riuscirà a trovare cittadinanza anche a scuola.


«Io scio».
«Bene» sorride lui. «Anch'io. Ma quello che amo di più della montagna sono le cascate di ghiaccio. Mi piace scalarle». Non ho mai conosciuto un prete così, professore di filosofia e scalatore, e quello che più mi disorienta è la sua modestia. La modestia con cui ci confida capacità fuori dal comune, o con cui sviscera i dettagli avendone cura. E sono proprio i dettagli dei suoi racconti montani i dettagli fisici delle piccozze che fanno crepitare il ghiaccio, le sue sfumature, i ramponi e i piedi in fallo a tramutare la montagna in un'esperienza esistenziale. «Ogni tanto la parete te lo mostra subito, l'appiglio giusto. Ogni tanto, invece, tocca prendere un respiro e osservare senza fretta. Perché la fretta ti fa immaginare le linee sbagliate. E in montagna, uno sbaglio costa caro». Sono ammaliato. Più lo ascolto, più don Tarcisio mi fa tornare in mente un allenatore di sci che avevo un paio d'anni prima.

Ultimo aggiornamento: 17:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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