Operato al cuore, muore a causa di un'infezione: macchinario sotto accusa

Venerdì 16 Novembre 2018 di Gianluca Amadori
Operato al cuore, muore a causa di un'infezione: macchinario sotto accusa
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TREVISO - Anche in provincia di Treviso un caso di decesso dovuto al Mycobacterium Chimaera, con molte probabilità contratto da un paziente nel corso di un intervento di cardiochirurgia. Dopo l'esposto presentato a Vicenza nei giorni scorsi, in relazione alla morte di un anestesista, Paolo Demo, 66 anni, stroncato da una grave infezione, un'endocardite da Chimaera, i familiari di un pensionato di Nervesa della Battaglia, scomparso lo scorso gennaio, hanno deciso di rendere pubblica la loro storia, annunciando l'intenzione di avviare una causa civile di fronte al Tribunale, innanzitutto chiedendo un accertamento tecnico nei confronti della Ulss di Treviso e della azienda produttrice di un macchinario per la circolazione extracorporea, prodotto in Germania e utilizzato anche  in molte strutture del Veneto, macchinario all'interno del quale pare annidarsi proprio quel batterio. L'accertamento 
tecnico è finalizzato ad ottenere certezze scientifiche, con particolare riferimento alla correlazione tra il batterio fatale e l'intervento a cuore aperto a cui fu sottoposto il paziente, all'ospedale Ca' Foncello di Treviso.
La vicenda è piuttosto complessa e presenta contorni allarmanti: il batterio è, infatti, particolarmente insidioso perché può infettare il cuore con una lunghissima latenza, spesso senza alcun chiaro sintomo della malattia. È per questo che i legali della famiglia trevigiana, gli avvocati Guido Simonetti e Simone Zancani, hanno deciso di rendere pubblica la vicenda, in modo che tutte le persone operate negli ultimi anni a cuore aperto, con ricorso a circolazione extracorporea, possano sottoporsi ai necessari controlli prima che sia troppo tardi, per evidenziare l'eventuale presenza di quel batterio e curarsi per tempo. Il pensionato di Nervesa era stato operato nel 2015 e scoprì di essere stato infettato soltanto nel giugno del 2017, quando non c'era più nulla da fare.
I PRECEDENTIIn Italia si inizia a parlare del batterio Chimaera soltanto adesso, mentre negli Usa la vicenda è nota da tempo e sono già state avviate iniziative legali a seguito del decesso di alcuni pazienti. Le strutture sanitarie italiane sono a conoscenza del rischio fin dal 2016, quando l'azienda produttrice del macchinario avvisò del pericolo di contaminazione e raccomandò tutta una serie di adempimenti di sicurezza. L'accertamento tecnico voluto dagli avvocati Simonetti e Zancani è finalizzato anche a capire se l'Ulss di Treviso sia stata informata dei rischi di quel macchinario e, in caso affermativo, quali iniziative abbia assunto, sia per garantire un suo utilizzo in sicurezza, sia per avvisare i pazienti operati a cuore aperto del rischio di aver contratto una grave infezione. La correlazione tra infezioni da Mycobacterium Chimaera e l'uso di un macchinario per la circolazione extracorporea prodotto da una azienda tedesca è stata accertata e resa definitivamente nota nella comunità scientifica sin dal 2015 dopo un primo studio comparato condotto in Svizzera.
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