Bar e locali, in città ce ne sono 554 e crescono ancora. «Sono troppi»

Giovedì 9 Maggio 2019
Bar e locali, in città ce ne sono 554 e crescono ancora. «Sono troppi»
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TREVISO Bar: 11 aperture negli ultimi quattro mesi. Ecco perchè il Comune vuole frenare. Tecnicamente la definizione esatta è attività di piccola e media ristorazione. Ovvero bar, pizzerie e ristoranti. Ma la categoria merceologica più diffusa è proprio quella del bar. A Treviso l'offerta pare essere satura, anche perchè molte strutture non sanno differenziarsi. Con le nuove aperture nel 2019 la città si porta oggi a 554 esercizi di somministrazione, contro i 543 dello scorso anno. Cosa succede tra le altre categorie?

Il resto del mondo nel piccolo commercio cresce decisamente meno: da gennaio ad aprile si segnalano 3 nuove aperture di piccoli alimentari, 3 aperture di negozi misti (ad esempio panettiere con caffetteria) e solo 4 aperture di altre categorie merceologiche in tutta la città. Ed ecco il saldo finale: a Treviso le attività di piccolo raggio, definite nella formula di negozio di vicinato, sono 1421. 21 in più dello scorso anno.

 
Di queste poco più di 1000 di tutte le categorie merceologiche escluse dagli alimentari. A fronte di 554 bar pizzerie e ristoranti e 384 alimentari. Insomma il cibo va alla grandissima. Ma per rendere l'offerta più coerente ed equilibrata bisogna differenziare.
LA CRISI
Il campanello d'allarme? La chiusura di brand storici come Furla, Stefanel e il negozio Sisley di borgo Mazzini. Tra crisi aziendali, accorpamenti e normale turn over emerge però la necessità di puntare su altir servizi per non far implodere anzitutto il centro storico, ma poi anche i quartieri. Ecco perchè Ascom e Comune hanno detto chiaramente che l'orientamento è quello di dire no a nuove licenze per bar, bistrot, osterie. Raccogliendo anche il sollievo degli esercenti del settore. Come si procederà quindi? Secondo l'indirizzo del nuovo presidente Ascom Federico Capraro. «Il progetto Urbecom non è il solito tavolo congiunto: per la prima volta in maniera chirurgica c'è la volontà di ridisegnare uno sviluppo commerciale per la città. Definendo vie e quadranti, necessità e categorie merceologiche. Trovando all'interno di Ascom chi voglia investire, contrattando con il Comune canoni d'affitto. La disposizione dei negozi nei centri commerciali non è casuale. Useremo questo tipo di indirizzo anche per la città».
LE RISORSE
Se le associazioni di categoria mettono a disposizione relazioni contatti e know how, il Comune ha deciso di fare la propria parte in solido, rendendo disponibili subito 150 mila euro in incentivi. Il bando Urbecom non è ancora partito, ma già gli uffici hanno ricevuto richieste. «Sono una decina dell'ultima settimana- fanno sapere da palazzo Rinaldi- il dato interessante è che si tratta di imprenditori dal Padovano e dal Pordenonese che desiderano investire in città. Chiedono informazione sui locali sfitti e sulle possibilità offerte dal comune a livello burocratico». Sugli incentivi, i 150 mila euro messi subito a disposizione dall'assessorato di Andrea De Checchi potrebbero essere una prima tranche. Treviso intende infatti partecipare al bando regionale di 5 milioni di euro destinati ai distretti del commercio. In questo caso la cifra messa sul piatto per dare impulso alle nuove attività è destinata a salire. Lo schema sarà approfondito meglio dalla riunione che Ascom, Assessorato al Commercio e fiduciari di categoria terranno per entrare nella fase operativa dello strumento Urbecom. «Lo strumento è molto valido per avere un contenitore che racchiuda in sé le arie anime del mondo produttivo e dello sviluppo economico cittadino-ha chiarito il vicesindaco Andrea De Checchi- E' un contenitore che, di fatto, nasce con questa amministrazione perchè, per quanto il riconoscimento sia arrivato in epoca Manildo, l'impulso vero lo stiamo dando noi». La vera partita però si giocherà sul tema delle locazioni. Ed è qui che Ascom e Comune intendono intervenire per garantire e ottenere affitti calmierati degli immobili nel centro storico. «Bisogna far capire alla proprietà-conferma De Checchi- che un immobile sfitto non conviene a nessuno, tantomeno al locatore. E che invece è preferibile affittare magari a prezzi più bassi ma con la garanzia di continuità data dell'intervento delle istituzioni».
Elena Filini
Ultimo aggiornamento: 19:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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