Accusato di bancarotta, finisce sul lastrico: assolto dopo 16 anni

Martedì 30 Ottobre 2018 di Roberto Ortolan
Accusato di bancarotta, finisce sul lastrico: assolto dopo 16 anni
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VEDELAGO - Un impero andato in fumo. Un imprenditore, accusato di bancarotta, finito dall'altare alla polvere, sul lastrico. E poi dopo 16 anni la sentenza che mette fine al calvario. Assoluzione piena per non aver commesso il fatto. «Ma io - dice con la morte nel cuore Johnny Pizzolato, 46 anni, all'epoca dei fatti titolare della concessionaria Class di Fossalunga, con sede sociale a Bolzano - ho perso tutto. La mia azienda, le mie proprietà, pignorate e vendute all'asta, la credibilità in banca (ancora non posso aprire un conto corrente) e un giro d'affari da quasi 30 milioni di euro». Pizzolato aveva subito cercato di far capire di essere vittima di un malinteso. Ma senza riuscirci. E all'avvocato Luciano Gazzola sono serviti 16 anni per far cadere le accuse e ottenere l'assoluzione di Pizzolato. A scatenare il calvario di Pizzolato e il crac della concessionaria Class, tra 2002 e 2003, una verifica fiscale della Finanza.
 
Le fiamme Gialle di Vicenza, forse per la denuncia di un cliente che non aveva ricevuto l'auto, effettuò un sopralluogo.
Decine di militari in azienda ma anche a casa di Pizzolato. «È un normale controllo», si affrettò a dire il responsabile dell'ispezione. Ma quello spiegamento di forze venne notato dal direttore di una banca che, dalla mattina alla sera, chiese alla Class di rientrare dei fidi. «Un'operazione insostenibile - precisa Pizzolato - per un'azienda che commercializzava auto per milioni di euro». A nulla valsero i tentativi di far capire che il controllo era di routine. «Un ufficiale della Finanza mi accompagnò in banca per spiegare. Inutilmente». L'esempio di una banca venne subito seguito da altre. E per la Class fu l'inizio della fine. IL FALLIMENTO Senza più castelletti bancari la Class iniziò a fare acqua da tutti le parti. Le banche, per rientrare dei fidi, chiesero e ottennero di incassare le ipoteche. E fu la catastrofe. Nel giro di pochi mesi l'azienda venne dichiarata fallita e, a febbraio del 2006, Pizzolato finì iscritto sul registro degli indagati con l'ipotesi d'accusa di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Nella sostanza la Procura di Vicenza, sulla base della relazione della Finanza e del curatore, gli contestò, quale amministratore, di aver sottratto dal patrimonio della società, in danno dei creditori, tre autovetture Mercedes, impedendone l'acquisizione all'attivo fallimentare. Auto che Pizzolato avrebbe venduto, sempre per l'accusa, in prossimità della dichiarazione del fallimento, ma con evidente stato di insolvenza. Allo stesso imprenditore venne anche contestata una bancarotta documentale perché, secondo l'accusa, avrebbe distrutto carte della Class, per impedire la ricostruzione dei bilanci e dei movimenti finanziari. IL CALVARIO Nel 2006 Pizzolato si vide crollare in mondo addosso. E si trovò in ginocchio. Ma non ha mai smesso di lottare. «Sapevo d'essere innocente - conclude - e volevo dimostrarlo». E per farlo, con il sostegno dell'avvocato Gazzola, ci ha impiegato 16 anni. Qualche settimana fa il giudice Deborah De Stefano, presidente del collegio del Tribunale di Vicenza, accogliendo le argomentazioni della difesa ha infatti assolto Pizzolato con formula ampia, per non aver commesso il fatto. «Mi hanno restituito 20 anni di vita e la dignità - ha concluso amaro Pizzolato - anche se ho perso tutto».
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