Bambino tolto ai genitori affidatari: la Procura chiede il processo per tre persone

Giovedì 2 Febbraio 2023 di Giuliano Pavan
Foto d'archivio di un bambino

MOGLIANO VENETO - Svolta nella vicenda del bambino di 7 anni che venne tolto ai genitori affidatari, residenti a Mogliano Veneto, per essere collocato in una comunità del coneglianese. La Procura di Treviso ha infatti depositato la richiesta di rinvio a giudizio per il direttore dell’Uoc infanzia, adolescenza, famiglia e consultori del distretto di Treviso Nord, per un assistente sociale del servizio affido e per una psicologa del servizio affido, tutti e tre dell’Usl 2 della Marca. Il sostituto procuratore Mara Giovanna De Donà, titolare delle indagini, ha anche eliminato dal fascicolo (chiedendo l’archiviazione, ndr) la denuncia per violenza privata a carico dell’assistente sociale e della psicologa in servizio al distretto di Mogliano Veneto. Secondo gli inquirenti, i tre professionisti dell’azienda sanitaria trevigiana non hanno comunicato nulla alla Procura in merito alla relazione firmata dalla direttrice della scuola paritaria frequentata dal bambino e dichiarando, falsamente stando alle indagini, che i genitori affidatari erano d’accordo con il trasferimento del piccolo in una comunità.

L’udienza preliminare di fronte al gup di Treviso sarà fissata nei prossimi giorni.


LA VICENDA

Al centro della vicenda c’è, appunto, un bambino di 7 anni affetto da Adhd, un disordine dello sviluppo a livello neuro-psichico che si manifesta attraverso l’iperattività, l’impulsività e l’incapacità a concentrarsi. Un provvedimento del tribunale dei minori di Venezia aveva stabilito che il piccolo, mentre erano in corso le procedure per l’adozione, lasciasse la famiglia affidataria per essere collocato in una comunità. Alla base della decisione, che risale al giugno del 2021, c’è la relazione della direttrice della scuola elementare paritaria di Preganziol frequentata dal ragazzino secondo cui sarebbe stato vittima di «violenze, percosse e umiliazioni con docce fredde come punizione per avere fatto la pipì a letto». Il caso venne quindi trattato dal medico dell’azienda sanitaria che disse ai genitori che erano venute meno le condizioni per mantenere l’affido, e che il bimbo sarebbe dovuto andare in comunità. Nel decreto dei giudici, però, non c’è un solo accenno alla relazione della suora, e proprio la mancanza di quelle 22 pagine è al centro delle indagini della Procura. Che ipotizzano, appunto, l’omessa denuncia per non aver trasmesso agli organi preposti quel dossier in cui i genitori affidatari venivano accusati di maltrattamenti nei confronti del piccolo.


GLI SVILUPPI

L’accusa di falso è mossa contro assistente sociale e psicologa che, per la Procura, hanno sottoscritto una relazione, poi inviata al tribunale dei minori, in cui affermavano che i genitori affidatari si erano resi disponibili, pur non condividendo il progetto, di accompagnare il bimbo in comunità e di partecipare al suo inserimento. Nel frattempo i genitori affidatari, assistiti dall’avvocato Giovanni Bonotto, hanno ricevuto l’idoneità all’adozione dal tribunale dei minori visto che nei loro confronti non è emerso nulla di negativo.

Ultimo aggiornamento: 07:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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