Bagni no gender a scuola: la rivoluzione parte dal turistico Mazzotti

Domenica 11 Dicembre 2022 di Mauro Favaro
L'istituto tecnico per il turismo Giuseppe Mazzotti di Treviso
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TREVISOBagno “neutro” a scuola. È la soluzione individuata al turistico Mazzotti di Treviso per gli studenti che per scelta personale non si sentono di andare né in quello dei maschi né in quello delle femmine. I casi non mancano. Tanto che sono stati gli stessi ragazzi a chiedere alla presidenza di poter usare i bagni delle infermerie, una per piano, come bagno non classificato. E la preside Anna Durigon ha accolto la proposta. «Una cosa è la polemica politica, altra la vita reale – spiega la dirigente – la soluzione è stata individuata dagli stessi ragazzi. Da loro arrivano spesso buone proposte: bisogna ascoltarli.

Nel caso specifico, ne avevamo parlato con i rappresentanti. Adesso ci sono quelli nuovi. E torneremo ad affrontare l’argomento con loro». 


LA SOLUZIONE

«I ragazzi che non vogliono andare né in quello dei maschi né in quello delle femmine, in base a una loro decisione, utilizzano il bagno delle infermerie – aggiunge – non sarebbe stato possibile usare gli altri bagni, che tra l’altro da noi sono pochi, indicandoli come misti. Sarebbe stata un’etichetta. E avrebbe potuto ingenerare altri problemi. Gli studenti conoscono il contesto, la scuola e si conoscono tra loro. Di conseguenza in alcuni casi sono i primi a trovare possibili soluzioni». Non solo. Il Mazzotti sta anche mettendo a punto il regolamento dell’identità Alias per gli studenti transgender, sempre attraverso il confronto con i ragazzi, che al turistico sono circa 1.700. Per chi dovesse cambiare ufficialmente nome, ci si atterrà alla normativa. C’è già stato un caso di una persona che dopo aver superato l’esame di maturità ha cambiato sesso, affrontando un percorso legale, e di seguito ha chiesto all’istituto di cambiare il nome sul diploma. Ma al turistico si fa anche di più. Nel registro non c’è più da tempo la distinzione tra maschio e femmina. I ragazzi, inoltre, in casi particolari possono scegliere di essere chiamati con un altro nome rispetto a quello ufficiale. Cioè con un nickname, un soprannome, per essere più chiari. Questo non viene inserito nel registro, documento nel quale si fa sempre riferimento alla carta d’identità e al passaporto, ma viene usato normalmente nell’ambito scolastico. Anche i professori chiamano gli studenti in questione con il nome che hanno scelto. «Nella maggior parte dei casi c’è una riduzione del nome o del cognome. Ma ci sono anche studenti magari di origine cinese o cingalese che “adottano” nomi italiani – chiarisce Durigon – il registro segue le indicazioni legali. La vita di comunità, invece, è altra cosa. Per noi a scuola ci sono delle persone. E la vita di una scuola è vita di accettazione e condivisione delle scelte dei ragazzi, senza etichette o retro pensieri legali. Se accetti le persone per quello che sono e per quello che si dimostrano, in classe si vive in modo sereno». 


IL QUADRO

«La scuola è testimone diretta dell’evoluzione dei tempi. E magari la sua vita interna non è sempre compresa se vista da fuori – continua la dirigente – il dibattito politico finisce per stigmatizzare cose che avvengono tutti i giorni». Non a caso anche nelle comunicazioni tra scuola e famiglia lo spazio per le firme è indicato con un generale “Genitori”. Non mamma e papà e nemmeno Genitore 1 e Genitore 2. Questa ultima dicitura è usata nel Patto educativo di corresponsabilità del Planck di Lancenigo. «Ma non è una scelta, era così il modello – specifica la preside Emanuela Pol – la scheda di iscrizione, ad esempio, viene compilata da un genitore e l’altro ha un secondo riquadro in cui è definito genitore che non ha eseguito l’abilitazione online». La questione è tornata al centro dell’attenzione dopo la vicenda di una coppia arcobaleno, due mamme, raccontata via social dalle dirette interessate, che si è vista riconoscere dall’Anagrafe di Treviso i nomi di entrambe, in qualità di genitori, sui documenti relativi alla carta d’identità dei due figli minorenni. Il tutto nonostante la norma introdotta dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini imponga di indicare una madre e un padre. O uno solo dei genitori, se dello stesso sesso. «Nel Comune di Treviso siamo almeno il terzo caso – sottolinea una delle due – la carta d’identità cartacea è l’unica cosa legale che può fare l’Anagrafe. I tribunali dopo le adozioni speciali hanno trasmesso i documenti con due genitori dello stesso sesso anche all’Anagrafe. E quindi un documento con un solo genitore oppure con padre e madre sarebbe un falso anagrafico. Quello che è irregolare, invece, è il decreto Salvini, perché non può il potere legislativo o esecutivo sovrapporsi a quello giudiziario». 

Ultimo aggiornamento: 10:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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