TREVISO - «Solo l'integrazione può ridurre il disagio giovanile. Quando facciamo attività di conversazione con le donne di origine straniera, in particolare con diverse mamme kosovare, si crea un rapporto e si trasmettono messaggi. E sono convinta che anche grazie a questi educheranno i loro figli in modo da evitare comportamenti aggressivi, violenti e di odio». Palma Rosa Giorgi, per 30 anni medico di famiglia a Treviso, parla da volontaria dell'associazione Auser - Cittadini del mondo. La notizia del 15enne di origine kosovara che giovedì scorso ha accoltellato un compagno 17enne di origini magrebine nell'istituto Turazza ha scosso tutti. E chi è già impegnato sul fronte dell'integrazione lancia un appello affinché si continui sempre di più su questa strada per ridurre i disagi partendo dalle famiglie. «Il discorso riguarda anche le baby gang aggiunge Giorgi tocca a noi cercare di diffondere valori positivi a chi ci sta accanto».
L'obiettivo
Il nome dell'associazione, Cittadini del mondo, dice già tutto. Il gruppo dell'Auser di Treviso non conosce confini. Le porte dei laboratori di lingua e conversazione, dei servizi per le questioni burocratiche e degli sportelli di aiuto nella ricerca di lavoro sono aperte a chi arriva da ogni parte del mondo. E molte persone di origine straniera adesso sono diventate a loro volta dei volontari per dare una mano a chi giunge oggi nella Marca. Proprio alla fine del mese scorso nella sala dell'oratorio della parrocchia di San Bartolomeo è stato ufficializzata la staffetta tra l'ex presidente Stefania Martini e la nuova guida Albertina Piccolo. Un nuovo passo, con lo spirito di sempre. «L'obiettivo è innanzitutto mettere in relazione persone italiane e straniere in un rapporto di scambio reciproco», spiega Martini. Ad oggi l'associazione conta 42 volontari: 8 uomini (3 stranieri) e 34 donne (4 straniere). Le attività coinvolgono molti richiedenti asilo inseriti nel centro di accoglienza dell'ex caserma Serena e nel sistema di protezione.
I problemi
«Continuiamo a incontrare anche donne che abitano qui già da qualche anno - sottolinea Martini - che però non vivono ancora una situazione di piena integrazione». Il gruppo donne, gestito da 10 volontarie e frequentato da una quindicina di persone, comprende conversazione, attività di socializzazione, valorizzazione delle competenze e conoscenza del territorio e dei servizi. Si lavora in particolare nell'area di Monigo, Santa Bona e San Paolo. Tra i volontari c'è anche Fatima, 45enne originaria di Teheran, laureata in ingegneria gestionale, che negli ultimi tempi si è impegnata soprattutto nella diffusione delle notizie provenienti dall'Iran. Così come Chahra Zad, 45enne originaria dell'Algeria, laureata in economia, arrivata nel trevigiano ormai vent'anni fa: «Il gruppo ci ha aiutato molto dice e quest'anno ho scelto di fare la volontaria per aiutare altre persone».