Molto allettante il prezzo delle berline di lusso nuove fiammanti rispetto al listino e alle altre concessionarie. Motivo, triangolazioni che permettevano di evadere l'Iva, acquistando le vetture all'estero, attraverso aziende fittizie che le rivendevano poi a una concessionaria di Castello di Godego (Treviso), questa sì vera.
IL MECCANISMO
Le società, vere e presunte, avevano la sede amministrativa nello studio di un commercialista di Cittadella. Sei le società di capitali, quattro italiane con sede in Veneto e due in Ungheria. Gli acquisti delle autovetture erano documentati da fatture emesse da operatori economici tedeschi, che le rivendevano in maniera meramente cartolare alle sei imprese. Ultima destinazione la concessionaria che ne curava la cessione a privati o ad altre aziende operanti sul territorio nazionale. I prezzi erano particolarmente vantaggiosi, falsando la concorrenza. Questo perchè le cessioni intracomunitarie intercorse tra imprese di due stati dell'Unione Europea, non comportano l'addebito dell'Iva, mentre il tributo grava sui beni commercializzati solo all'atto della vendita nel territorio nazionale. Le articolate indagini hanno rivelato che le quattro società italiane e le due magiare erano tutte riconducibili ad un unico socio occulto e amministratore di fatto, il quale collaborava con il rappresentante legale della concessionaria per il reperimento e la commercializzazione delle auto di interesse. Le società cartiere, formalmente esistenti per brevi periodi, sprovviste di un'autonoma struttura operativa e di mezzi propri, non disponevano delle risorse finanziarie necessarie per acquistare le autovetture dalla Germania. I fornitori tedeschi, ignari della frode, esigevano il pagamento prima della consegna. La concessionaria anticipava il denaro al proprio fornitore fittizio che emetteva la fattura di acquisto, che, a sua volta, lo girava a ciascun operatore del circuito commerciale interessato sino ad arrivare all'originario fornitore tedesco. Tutto l'opposto rispetto agli scambi documentati dalle fatture, mai realmente avvenuti tra le imprese fantasma.
SOCIETÀ DI COMODO
Le società di comodo servivano per generare un indebito credito Iva in capo alla concessionaria, ultimo anello della catena commerciale. Successivamente al pagamento, comprensivo dell'importo dell'Iva non versata all'erario e gravante sulle operazioni nazionali, venivano svuotati con prelevamenti in contanti, i conti correnti bancari di tutte le società fittizie che non ottemperavano sistematicamente agli obblighi tributari, per le annualità dal 2014 al 2019. Il denaro entrava nella disponibilità dei promotori della frode fiscale.
Michelangelo Cecchetto
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