La prima donna-autista di bus: «Se vi dicono "questo lavoro non fa per te", non ascoltate»

Mercoledì 8 Marzo 2023 di Mauro Favaro
L'autista di bus Adriana Caverzan

«All’inizio mi sentivo dire che questi mezzi erano troppo grandi per me. Invece le cose sono andate diversamente. Avevo promesso a uno zio che avrei fatto l’autista. È stata sempre la mia passione. Lo dicevo già alle elementari. E così è stato. Sono arrivata a portare anche autobus da 18 metri, senza alcun problema. Anzi, continua a essere un divertimento». Adriana Caverzan, 55 anni, ha macinato migliaia e migliaia di chilometri alla guida di autobus e corriere. Nel 1991 è stata la prima donna assunta in un’azienda del trasporto pubblico locale della Marca. All’epoca era l’Actt di Treviso, poi diventata Mom. E da quel momento non si è più fermata.

Adriana Caverzan, si ricorda quando ha stretto il volante di un pullman per la prima volta?

«Sì, avevo 14 anni ed ero in un parcheggio. Ho sempre avuto il desiderio di guidare autobus e corriere, fin da piccola».

E com’era stato il debutto alla guida degli autobus dell’ex Actt?

«All’epoca le donne in questo specifico lavoro non erano viste molto bene. All’inizio non sono mancate alcune difficoltà. Spesso ci si immagina le donne in un ufficio, magari davanti al computer. Poi, però, c’è stata abbastanza solidarietà. Diciamo che ho fatto da apripista».

È possibile conciliare al meglio la vita familiare e quella lavorativa da dietro a un volante?

«Nel 1999 sono nate le mie figlie, due gemelle. Non è stato un periodo semplice da gestire con i turni e con gli altri impegni. Ci sono state alcune battaglie. Ma adesso le cose sono migliorate. E mi fa piacere pensare che le colleghe più giovani possano beneficiarne».

Uno dei ricordi più belli?

«Quando mi è stato chiesto di andare a prendere il Treviso Calcio a Tarvisio. Ho sempre cercato di ampliare il mio raggio d’azione nel settore del turismo. E quello è stato un regalissimo. Ho risposto che sarei andata pure gratis».

Come sono cambiati i passeggeri di autobus e corriere negli ultimi 30 anni?

«Sono cambiati molto. Purtroppo in senso negativo. Adesso capita spesso di doversi confrontare con un’arroganza e una strafottenza esagerata. Non si vede più l’autista come una persona che lavora, ma solo come qualcuno che deve rispondere a una serie di obblighi. Per i ragazzi è tutto dovuto. Per dirla tutta, poi, anche gli atteggiamenti di qualche anziano a volte sono oltre le righe. La gente è cambiata moltissimo in particolare dopo la pandemia. È emersa un’aggressività che prima non c’era. Non a certi livelli, almeno».

Le aggressioni contro il personale di Mom sono sempre più numerose. E’ mai stata minacciata?

«Sì, è capitato. In particolare quando si controllano i biglietti. Mi sono sentita dire: “Tu pensa a guidare, pensa a fare l’autista”. Oppure qualcuno ti guarda e si mette a ridere».

E come si reagisce?

«Cerco sempre di non raccogliere le provocazioni. E, francamente, se vedo che non c’è modo di venirne fuori, lascio perdere per scongiurare il rischio che qualcuno possa mettermi le mani addosso. Provo a evitare il muro contro muro. Se si arriva a questo, chi non ha nulla da perdere può anche esplodere in comportamenti violenti. A volte qualcuno viene fermato. Ma dopo qualche giorno risale in corriera e ti minaccia di nuovo. Non è bello lavorare così. Non è bello alzarsi ogni mattina dal letto e pensare che oggi potrebbe toccare a te».

Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 12:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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