Assistenza domiciliare, mancano infermieri. La Cgil: «Sono solo 70 per tutta la Marca»

Martedì 5 Aprile 2022
Assistenza domiciliare, mancano infermieri. La Cgil: «Sono solo 70 per tutta la Marca»

TREVISO - Si fa molto parlare della carenza del personale sanitario, infermieristico in particolare, tanto quanto dello sviluppo della Sanità sul territorio. Cartina al tornasole della situazione è il numero di infermieri impiegati nell'assistenza domiciliare integrata (ADI) e nelle cure palliative: appena 70 per l'intero territorio trevigiano. A intervenire in merito alla questione è la segretaria generale della Fp Cgil di Treviso, Marta Casarin, che, oltre a esprimere seria preoccupazione per il futuro del servizio domiciliare e sull'organizzazione del lavoro del personale dedicato, denuncia la mancata programmazione socio-sanitaria. «L'assistenza domiciliare integrata rappresenta, e dovrebbe rappresentare sempre più, un nodo fondamentale della sanità sul territorio, un servizio pubblico che prende in carico i bisogni dei cittadini evitando per quanto possibile l'ospedalizzazione, con quello che ne comporta in termini di impatto individuale e familiare, nonché di costi economici per l'Ulss, ossia alla fine per la comunità».
I DATI
«Se si analizza distretto per distretto emerge una situazione significativamente differenziata in termini di rapporto infermieri-popolazione residente. Un rapporto che pesa molto nell'area di competenza del distretto Sud, dove a intervenire a compensazione del pubblico è l'Advar sottolinea la segretaria Fp Cgil nel complesso a livello provinciale la stima vede un infermiere per l'assistenza domiciliare ogni 12mila trevigiani, con differenze notevoli tra i distretti, in particolare nell'area asolana e Treviso Nord con un rapporto pari a un infermiere ogni 17mila abitanti, contraddicendo le indicazioni regionali che vedono lo standard attestarsi sul rapporto 1/6mila. La carenza nelle cure palliative non riguarda esclusivamente il personale infermieristico ma anche quello medico, con all'attivo solo per il distretto di Treviso Sud tre medici e due per quello di Treviso Nord». La responsabile della categoria poi conclude: «Basta allora con la retorica, la situazione è oltremodo critica. Serve innanzitutto consapevolezza, non nascondersi dietro un dito. C'è bisogno di tirare le fila e capire che la Sanità non è fatta di ospedali monumentali bensì di lavoratori e lavoratrici e presidi sul territorio. Si faccia una seria programmazione, con nuove risorse per chi lavora e per attrarre nuovi professionisti oltre provincia».
 

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