Arianna morta a 26 anni, la lettera del fidanzato «Troppe aspettative degli adulti»

Martedì 29 Gennaio 2019 di Fulvio Fioretti
Arianna morta a 26 anni, la lettera del fidanzato «Troppe aspettative degli adulti»
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VITTORIO VENETO - Un grido di dolore, un'analisi spietata e un'accusa al sistema poco attento ai ragazzi che nascondono nel profondo della loro anima un disagio mal sopportato al perbenismo di facciata che non ammette la fragilità: è questo il contenuto della lettera, che ha rotto giorni di silenzio, resa pubblica da Alessandro, il fidanzato di Arianna Macrì, la cameriera 26enne trovata senza vita nel suo appartamento giovedì sera.
 

Oggi il corpo della cameriera sarà sul tavolo delle autopsie per accertare le cause della morte. «Non si può vietare il dolore e con il dolore si dissolvono spiegazioni, giudizi e critiche scrive Alessandro, rivolgendosi alla sua mata Cicci, come la chiamava nell'intimità - Con il dolore quello più buio, cade il muro del perbenismo e della vergogna a cui ci ha abituato questo sistema sociale dove non c'è posto per chi è fragile. Con il dolore, anche quello più feroce, bisognava farci i conti. Ma io non so più contare. Il Tempo si è fermato giovedì e ha fermato la mia vita nello stesso maledetto istante scrive rivolgendosi all'amata Sigrid - in cui hai scelto di andartene via per sempre».
LA CONFESSIONE
Poi la drammatica ammissione, che ha spiegato anche l'incredulità di amici, parenti e vicini, di quanto avvenuto in quell'appartamento di via Garibaldi. «Il nostro segreto nero, che ci ha uniti, si è sciolto come cera e, ora, ciò che è rimasto è il mio niente. Ma dal mio niente nasce la forza di gridare alla gente, alle parole indifferenti dei giornali, ai moralisti sempre pronti a stracciarsi le vesti contro gli altri, che Sigrid non era la cameriera, la gelataia, era invece una donna stupenda, una persona dalla sensibilità straordinaria dietro cui nascondeva fantasmi di cui nessuno mai si era accorto». Alessandro racconta che ha fatto di tutto per trattenerla, per vivere serenamente il rapporto, lui che era riuscito a capire il disagio di lei, che poi era anche il suo: «La dolcezza che traboccava dai suoi modi gentili, la sua bellezza perfetta, sempre composta e mai volgare colpiva il cuore e la simpatia di chiunque la conosceva. Non c'era oscurità intorno a lei spiega -. Solo la gaiezza della sua voce. E io l'amavo intensamente, più della mia vita e per lei ho fatto tutto e di tutto per tenermela stretta, vicino a me. Eppoi c'erano i suoi occhi, i suoi immensi occhi neri dentro cui mi sono perso, in cui sono annegato. Erano lo specchio della sua vita».
L'ATTO D'ACCUSA
Sul banco degli imputati Alessandro, poi, mette la superficialità della gente, i giudizi affrettati e le condanne a prescindere rivolte al mondo dei giovani: «Mi chiedo che se qualcuno ha guardato veramente dentro agli occhi, oltre il trucco. Io sì, e ci vedevo la solitudine più profonda, i non detti chiusi nel timore di far soffrire i familiari, di deluderli. Ecco. Il mondo dei giovani senza valori dicono, e con questa perla di saggezza proprio coloro che hanno strappato le radici di quei valori vorrebbero tappare la bocca alle tragedie come quella della mia Cicci. Un sistema, quello della perfetta, asettica e caotica nostra società, che ti carica di aspettative fino a farti scoppiare. Poi avvia la caccia alle streghe per stroncare il più cattivo, ucciderlo e tornare come prima, puliti, con qualche sguardo pietoso, colpevolizzante o maligno». E così resta solo «L'estremo tormento dei familiari, degli amici, che non potrà avere conforto perché tu ormai non ci sei più conclude Alessandro -. Ciò che eri è un tesoro prezioso che mi tengo stretto insieme ai tuoi panda, alle tue bamboline e alle tue risate».
Fulvio Fioretti 
Ultimo aggiornamento: 12:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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