Morto sul lavoro, nessun colpevole. La moglie a Mattarella: «Giustizia per Andrea»

Sabato 11 Febbraio 2023 di Maria Elena Pattaro
Da sx: Gianni Soligo, Paola Simeoni, Alessandro Soligo e Giorgia Nicole Gatto
TREVISO «Lotterò finché avrò voce per scoprire la verità. Lo devo ad Andrea e ai nostri bimbi: hanno già perso il papà in un infortunio mortale sul lavoro, non possono perdere anche me. Sono loro a darmi la forza per andare avanti». Giorgia Nicole Gatto, 25 anni, ha scritto una lettera accorata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendo la riapertura delle indagini sull’incidente costato la vita al marito Andrea Soligo, 25 anni di Vedelago. Oltre ad aver ingaggiato una battaglia legale per riesaminare il caso. Andrea faceva l’elettricista e quel maledetto 5 gennaio del 2022 stava lavorando in un cantiere a Tezze sul Brenta (Vicenza). La caduta da una scala gli fu fatale. A un anno dalla tragedia la Procura di Vicenza ha archiviato l’inchiesta. Il motivo? Non è stato possibile ricostruire con certezza la dinamica della caduta, secondo il gip Nicolò Gianesini, che ha accolto in toto le tesi del pubblico ministero. Quest’ultimo sottolinea anche che la caduta fatale si sarebbe potuta verificare per un «eccesso di sicurezza» da parte del lavoratore. La Procura aveva aperto un fascicolo per omicidio colposo, indagando i titolari delle due aziende coinvolte, ovvero: Luciano Giacomelli, 60enne titolare dell’azienda per cui lavorava il giovane, Veneta Impianti di Riese Pio X e Benedetto Umberto Selvatico Estense, 52 anni, il titolare della Fen Impianti, con la sede a Tezze. Entrambi imprenditori molto noti. Le indagini dello Spisal, secondo il pm «non hanno potuto dissipare i dubbi sull’effettiva dinamica dell’incidente». Al punto da non poter escludere che la vittima abbia compiuto «una manovra imprudente e mortale». 
LA RICHIESTA
L’archiviazione, arrivata poco prima di Natale dopo che la vedova aveva sollecitato la chiusura delle indagini con una lettera aperta ai magistrati, è stata «un colpo al cuore» per i famigliari del giovane elettricista. La moglie Giorgia, i genitori Paola e Gianni e il fratello Alessandro, che però non si arrendono di fronte a quella che percepiscono come un’ingiustizia. «Voglio la verità, solo quella. Non mi interessano i soldi, né che qualcuno finisca in galera ma solo sapere cosa è successo a mio marito» dice la giovane vedova, che ora si ritrova a crescere da sola e senza lavoro due bimbi di 3 e 5 anni. Giorgia non nasconde le difficoltà: «Ho avuto un crollo, sono stata seguita da uno psicologo. Ma vado avanti per i miei figli». «Diamo loro tutto l’amore che possiamo, ma è durissima» aggiunge la mamma di Andrea. I famigliari stanno portando avanti una battaglia legale, assistiti dagli avvocati Fabio Capraro e Marco Bonazza. La famiglia aveva dato mandato ai due legali di opporsi all’archiviazione ma la richiesta non era stata accolta dai giudici. Così ora hanno presentato un’istanza per la riapertura del caso, sulla base di una serie di elementi. Uno su tutti: la perizia tecnica secondo cui quella scala non era a norma. E poi i piani di sicurezza mai acquisiti e che ora si chiede di inserire nel fascicolo. Al momento dell’incidente Andrea stava salendo nel sottotetto attraverso una botola. Il titolare si era allontanato per cercare un faro e qualche istante dopo ha sentito un tonfo. ll 25enne era caduto da circa 4 metri d’altezza e il trauma cranico non gli aveva lasciato scampo. Le dichiarazioni di Giacomelli non erano state verbalizzate nell’immediatezza a causa dello choc emotivo e in fase di indagine lui si era avvalso della facoltà di non rispondere. «Quella scala non era a norma: non era quella in dotazione ma una scala a pioli fornita in cantiere - affermano i legali -. Nelle relazioni dello Spisal non compare mai il riferimento all’eccesso di sicurezza di Soligo. Peraltro per la legge italiana la disattenzione del lavoratore non ha rilevanza negli infortuni. Chiediamo che il caso venga riaperto». 
LA MISSIVA
Intanto Giorgia si rivolge al presidente Mattarella, come sua «ultima speranza di giustizia»: «Andrea quel giorno ci ha salutati per andare a lavorare e non è più tornato da noi. Ora sono qui in preda ad una disperazione lancinante e con le lacrime agli occhi. Ho l’impressione che i giudici non vogliano andare a fondo nella ricerca delle responsabilità. La prego mi aiuti a trovare la verità e a fare in modo che questo dolore non colpisca altre mogli, altri bambini, altri genitori, altri fratelli». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci