PIEVE DI SOLIGO (Treviso) - Come ricordare nel centenario della nascita Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921 – Conegliano, 18 ottobre 2011), il poeta innovatore, letterato coltissimo, uomo impegnato in significative battaglie civili, interprete acuto critico del passaggio dal secondo al terzo millennio, una delle figure più rappresentative del secondo Novecento? Consiglierei come prima cosa di procurarsi e far circolare (molte sue immagini sono nel Web) lo straordinario ritratto filmico che gli fu dedicato poco prima di morire da Carlo Mazzacurati e Marco Paolini.
La poesia “restaura il vuoto che c’è nel mondo attraverso la trama dei versi, dei ritmi”.
Legge versi mentre ricorda la divisa da principino con cui suo padre Giovanni, pittore e decoratore, lo dipinse in un affresco casalingo, o rievoca l'emozione di un primo incontra d’ amore o lancia anatemi contro i centri commerciali, orrendi tempi degli “orgasmini da shopping”.
Ok. Centenario di Zanzotto. Speriamo che serva a spargere un po’ di suoi versi nelle nostre coscienze italiane. pic.twitter.com/gzseKxIwq1
— Sandro Veronesi (@SandroVeronesi) October 10, 2021
È il poeta che il giorno del genetliaco, il 10 ottobre 2011, otto giorni prima della sua scomparsa, ripeteva: “Non mi importa del compleanno. È di gran lunga più interessante il fatto che i neutrini viaggiano a una velocità superiore a quella della luce”. A lui novantenne, che nella tana di Pieve di Soligo dove era sempre vissuto, continuava ad annotare su foglietti sparsi i suoi versi, ciò che ancora era oggetto di passione era proprio il futuro. Ciò che affiorava dietro i segni convulsi del vivere contemporaneo, nei nuclei centrali e ricorrenti, la natura, le utopie, la storia, l’etica.
Nell’ultimo Zanzotto “l’ostinazione dell’ipnosi chiamata poesia” sembra patire il mondo che verrà, affascinato anche dalla sua impenetrabile complessità. Nelle sue parole, attraverso le tappe dei suoi libri di versi e in prosa, da “Vocativo” fino ad “Agglomerati” e oltre, c'è l'istantanea storica nel lungo respiro del tempo geologico, delle epoche, delle ere. Ma c’è anche l'estrema frammentazione, complessità e caoticità del nostro presente. Il «volano infernale che gira ed esaspera una certa idea di onnipotenza», così egli definisce l'aggressione fisica al paesaggio e l'erosione del territorio con forme di degradazione macroscopica dell'ambiente nel suo campione di "spazio" veneto.
“E tutto questo fu veduto
come strisciando sull’erba, da terra
o da terra a terra o brevissimo
terra-aria aria-terra zoom”#AndreaZanzotto #Zanzotto100
Ph: Rinaldo Checuz pic.twitter.com/2witN6Rv1d— Andrea Zanzotto Comitato Nazionale (@CnZanzotto) October 9, 2021
È la disillusione amara che segue l’ingenuo ottimismo e il diffidente entusiasmo del passato: “C’è stato un tempo in cui ho creduto che la cultura si sviluppasse come manifestazione spontanea di un dialogo tra l’uomo e la natura quasi di un rapporto di mutua e amorosa comprensione tra un madre e il proprio feto”. Zanzotto è contro il «progresso nodo scorsoio che serra la gola”. Evocativa, metaforica, anche puntigliosamente argomentativa sulla storia e l’essere del paesaggio, la sua scrittura si oppone a ogni apocalittica istanza di furore nichilistico. Una poesia che, mentre dice le cose “dice anche sé stessa, le proprie ragioni e i propri timori”, in grado di germinare malgrado gli orrori del nostro tempo e l'ostilità della storia: “Ma che sarà di noi? /Che sarà della neve, del giardino, /che sarà del libero arbitrio e del destino //e di chi ha perso nella neve il cammino /(e la neve saliva saliva - e lei moriva)?” Perché, come ripeteva fino agli ultimi giorni “qualunque sia la faglia di malignità che attraversa la natura, l’amore viene avanti, partecipa della grazia della ginestra che si ostina sopra il vulcano, l'amore è un fatto fondante, la rivelazione di un'esigenza primaria».
Molti le iniziative, i convegni, i libri di questo così acceso centenario. Tra i libri, due autentiche novità entrambe nella collana dello Specchio Mondadori: “Erratici Disperse e altre poesie1937-2011” a cura di Francesco Carbognin che ci fa entrare attraverso gli anni nel laboratorio del poeta per osservarne l’opera e apprezzarne gli sviluppi da una prospettiva privilegiata; e “Traduzioni Trapianti Imitazioni” a cura di Giuseppe Sandrini” con escursione in diverse lingue e letterature, francese tedesche spagnola inglese, rumeno, portoghese, latino e friulano da Virgilio a Pessoa da Pasolini ad Hegel. Poi i saggi e in primis “Andrea Zanzotto Il canto della terra” (Laterza) di Andrea Cortellessa: quanto di più acuto e completo sia stato scritto su chi come lui ha la ricchissima bibliografia di un vero classico. Una bussola davvero indispensabile per orientarsi nell’opera di un poeta “dotto e semplice”, come un ragno interamente avviluppato nella tela delle parole da lui prodotte. Nei suoi versi c'è sempre l'estrema frammentazione, complessità e deriva del nostro presente, il confronto con il pullulare dei linguaggi in cui si affacciano segni della vita corporea, tracce di un’origine perduta, momenti della più concreta realtà quotidiana, visioni di paesaggi naturali e lampeggiamenti di epifanie storiche.
Infine, una novità: nel giorno del centenario, è prevista ( a cura della Regione Veneto con il coordinamento di Fabio Zanzotto) l'inaugurazione come museo della casa paterna in cui Andrea Zanzotto visse la prima parte della sua vita. Un luogo che permette di ricostruire l’identità del poeta e il rapporto con il paese natale, deposito di memoria per l’intera comunità. Dopo il restauro conservativo, essa consente una visita real-virtuale, grazie anche alle installazioni del Porticato e del Giardino, create da Studio Azzurro. All’inaugurazione è dedicato il mese di ottobre con appuntamenti e visite accompagnati dagli esperti che hanno seguito l’allestimento museale della casa, soprattutto per la parte immersiva.
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