TREVISO - Ieri erano 25 anni dal 22 maggio 1996, la finale di Champions League contro l’Ajax e la Juventus «sul tetto d’Europa», come ha ricordato Alessandro Del Piero sui social, postando la foto mentre alza nel cielo di Roma la coppa dalle grandi orecchie. Ma l’ex capitano bianconero non ha dimenticato nemmeno dov’è iniziato il suo sogno, tanto da averlo raccontato anche in uno dei suoi libri: «Ho cominciato ad allenarmi con la pallina da tennis nel garage della nostra casa al paese, Saccon di San Vendemiano, provando a colpire l’interruttore della luce».
Non poteva esserci data migliore, dunque, per un ritorno in quella che ha spesso definito «la mia cameretta», per quanto è piccola (e gli è cara): poche ore immortalate in un video, proposto in una “storia” su Facebook e su Instagram, in cui il campione del mondo ha mostrato per la prima volta i cimeli custoditi all’interno.
Fino a venerdì Del Piero era a Coverciano, dov’è iscritto al corso per ottenere la qualifica da allenatore Uefa A. Il tempo di salutare i compagni (tra cui Alessandro Matri e Federico Balzaretti) e ammirare il duomo di Firenze, dopodiché la fotocamera del suo telefonino ha cominciato a riprendere l’uscita dal casello autostradale di Conegliano, che si trova nei pressi dell’abitazione in cui il calciatore ha vissuto fino ai 13 anni e al trasferimento a Padova. Eloquente la canzone scelta per accompagnare il filmato: King Colee con “I’m coming home”, la giusta colonna sonora per il ritorno a casa. Poi lo stacco su una maglia della Nazionale, incorniciata alla parete del corridoio: è quella indossata al Torneo internazionale di Francia under 16, quando il giovanissimo Ale segnò due gol.
La sequenza continua aprendo una porta: ecco la sua stanza da bambino. «Tutto come una volta...», annota Del Piero, mostrando il letto singolo, l’immagine sulla mensola che lo ritrae mentre in pantaloncini e canottiera calcia il pallone nel giardino là fuori, un giornale con la cronaca delle sue imprese sportive, una serie di volumi sullo scaffale. C’è anche Giochiamo ancora (Mondadori), l’autobiografia in cui l’ex calciatore parla molto di questo posto: «In casa, la palla da tennis era vietata perché rischiavo di rompere qualcosa, e del pallone grande neanche a parlarne. La palla da tennis in garage diventò un compromesso perfetto: quando impari a muoverti nello stretto, colpendo oggetti piccoli, riuscirai a farlo anche meglio negli spazi larghi e col pallone vero». Su un ripiano viene inquadrato un trofeo: è quello che gli fu consegnato quando venne premiato come “Miglior giocatore della Juventus 2000-2001”. Tutto come allora, «... o quasi», precisa il 46enne: decisamente più recente è la fotografia appesa al muro, da cui sorridono i suoi tre figli Tobias, Dorotea e Sasha.
La lampada rossa, l’armadio chiaro.
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