Atterraggio di emergenza: «Ho puntato il Piave per evitare le case»

Lunedì 2 Aprile 2018 di Mauro Favaro
Atterraggio di emergenza: «Ho puntato il Piave per evitare le case»
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SPRESIANO - «La paura c'è sempre quando sei in volo e qualcosa non funziona. Ma non deve mai prendere il sopravvento. Ci si deve solo impegnare, mettendocela tutta, per raggiungere l'obiettivo che ci si è prefissati». Fausto Bernardini riesce a rivivere serenamente i terribili istanti di venerdì. Li racconta con lo stesso sangue freddo mantenuto quando a causa di un problema al motore del suo Storch, un ultraleggero copia perfetta di un velivolo d'epoca tedesco, è stato costretto a un difficile atterraggio di fortuna sul greto accidentato del Piave. Ne è uscito senza un graffio. Ma sa bene di aver rischiato la vita. Questo, però, non lo fa tentennare. E' già pronto a rimettersi ai comandi e a spiccare nuovamente il volo. Dopotutto alle spalle ha un'esperienza sterminata nei cieli. Oggi, a 68 anni, è in pensione dopo una lunga carriera come pilota dell'aeronautica militare nelle basi di Sant'Angelo di Treviso, Foggia, Amendola e Istrana. Ha pilotato cacciabombardieri G-91 e aerei supersonici come gli F-104 Starfighter, fino agli elicotteri. 
 

 


Comandante, innanzitutto, come sta? 
«Benissimo. Non ho sbattuto e non ho preso alcun colpo. Sono uscito dal velivolo con le mie gambe e non ho avuto bisogno di andare all'ospedale. Nell'atterraggio di emergenza lo Storch non si è rovesciato. Ha solamente preso un arbusto toccando terra. A quel punto, però, la velocità era già bassa. Il colpo ha causato solo dei danni al velivolo». 

Cos'è successo? Cosa non ha funzionato? 
«Sono decollato dalla pista di Borgo Ruzzini, sempre a Spresiano. Dopo dieci minuti di volo, mentre stavo sorvolando il Piave, ho sentito che il motore aveva dei problemi. Perdeva e riacquistava giri. Non riusciva più a stare in volo. È stato in quel momento che ha cominciato a guardarmi attorno». 

Ha subito pensato a un atterraggio di emergenza sul Piave? 
«Il velivolo ha solo un motore. Quando non funziona, bisogna portarlo giù. Non ci sono alternative. Non sarei mai riuscito a tornare verso la pista. C'era una zona meno accidentata del greto del fiume dove avrei potuto provare ad atterrare. Ma era più verso Spresiano. Non sarebbe stato semplice arrivarci. E poi era densamente abitata. Sarebbe stato un rischio sia per me che per le altre persone. Così ho preferito tentare un atterraggio di fortuna sul Piave». 

Ha mai temuto, anche solo per un istante, di non farcela?
«Sono un pilota esperto. Ma la paura in certe circostanze c'è sempre. Va però dominata. Non mi spaventava tanto il momento dell'impatto con il suolo. Temevo invece di non riuscire ad arrivare nel punto che avevo individuato. Il rischio era quello di finire in acqua». 

Si è fatto un'idea sulla causa dell'avaria?
«È stato un problema tecnico. Ora l'aereo verrà revisionato e riparato. Ma a grandi linee posso dire che probabilmente si è trattato di un problema di alimentazione. Forse la benzina inquinata o forse altro. Fatto sta che non era possibile rimanere in volo». 

Una domanda inevitabile: ultraleggeri repliche di velivoli d'epoca come questi sono sicuri? 
«Lo Storch è stato costruito da Aldino Liverani di Faenza, riconosciuto da tutti come uno dei massimi esperti del settore. Ne ha fatti altri cinque simili. L'aero era stato revisionato puntualmente. Normalmente si fa una piccola revisione dopo 50 ore di volo e una revisione più profonda condotta da un tecnico specializzato dopo 100 ore di volo».

Nella sua lunga esperienza come pilota dell'aeronautica le era mai capitato qualcosa di simile? 
«La cosa bella dei velivoli dell'aeronautica è che hanno il seggiolino eiettabile. Io, però, non ho mai dovuto usarlo. Una volta mentre pilotavo un G-91 in qualità di istruttore di specialità si è improvvisamente spento il motore. Ma poi fortunatamente è ripartito. Chi fa il pilota di caccia ed elicotteri deve in qualche modo imparare a convivere con la paura che emerge in alcune situazioni. Ma non deve mai prendere il sopravvento. La differenza tra i jet con il seggiolino eiettabile e gli ultraleggeri è che questi ultimi raggiungono velocità più basse che possono consentire al pilota di salvarsi. Stiamo parlando di velocità medie di 120 all'ora. Che al momento dell'atterraggio si abbassano anche a 60 all'ora. Sono ben diverse dagli oltre 350 all'ora di un F-104 o dai 300 all'ora di un G-91». 

Dopo un atterraggio di emergenza come quello di venerdì, adesso ha ancora voglia di volare? 
«Sono pronto a rimettermi i comandi. Venerdì prossimo l'aereo danneggiato dovrebbe partire per Faenza per le riparazioni. Potrebbe essere rimesso a nuovo nel giro di due mesi. Certo mia moglie e i miei familiari a volte vivono con il cuore sospeso. Mi spiace per questo. Ma quella del volo è una grande passione. Che però, si badi bene, non sconfina nell'incoscienza».
 

Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 16:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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