TREVISO - Dev'essere proprio il destino di Don Quijote de la Mancha, quello di farsi scovare e sfuggire così all'oblio.
LA ZIA
A raccontare questa storia è l'avvocato Alessandra Gracis, figlia del compianto oculista Giuseppe che era il fratello di Maria Teresa, nata nel 1925 a Venezia, dove studiò all'Accademia di Belle Arti come allieva di Bruno Saetti, dopodiché si trasferì a Treviso, nella villa con torretta di viale Nino Bixio che è un'icona architettonica della città. Casa e laboratorio per una delle protagoniste della Nouvelle Vague veneziano-trevigiana: «Era una pittrice e una ceramista spiega la nipote tanto che noi bambini eravamo incantati dai meravigliosi colori impressi sulle sue tele e sulle sue argille. Ma era anche una poetessa dolce e melanconica, una donna poliedrica e anticonformista. Per esaudire un mio desiderio, era diventata la mia maestra di disegno. Purtroppo avevo poco più di 7 anni, quando papà e mamma mi fecero sedere sul loro lettone per dirmi che era successa una brutta cosa... Povera zia Maria Teresa, non ebbe molta fortuna nella vita: dopo un grande amore finito male, morì a soli 41 anni nel giorno di San Valentino del 1966, in un frontale fra la sua auto e un camion sulla Pontebbana, a causa di un sorpasso azzardato in prossimità di Ponte della Priula. Di conseguenza non potè completare la consegna delle 82 raffigurazioni che nel 1965 le erano state commissionate da un'importante casa editrice, per illustrare l'edizione italiana del libro di Cervantes. Subito dopo la disgrazia, mio zio Piergiorgio ritirò quell'imponente lavoro e ritenne di chiuderlo in un armadio, tanto che per decenni non ne abbiamo più saputo nulla».
LE TAVOLE
È stato solo nel 2020 che lo stesso zio, noto antiquario di Milano ormai quasi novantenne, si è ritrovato tra le mani quelle tavole ad acquerello e china su carta. Don Chisciotte, Sancio Panza, Ronzinante: i tratti neri e le pennellate sgargianti, le armature e le spade. «Abbiamo iniziato a prendere contatti con le istituzioni locali continua l'avvocato Gracis per una possibile mostra in un museo. Ma proprio in quel frangente è esplosa la pandemia, così quei cartoncini sono finiti di nuovo in un cassetto... Questa volta però non ce ne siamo scordati e abbiamo fatto digitalizzare le opere, in previsione di una futura pubblicazione. Gli esperti ci dicono che hanno un rilevante valore artistico, Vittorio Sgarbi ha visto la tavola con le ballerine dalla gonna gialla e ha detto che è notevole. Poi un giorno abbiamo saputo che al Del Monaco era in cartellone lo spettacolo di Boni da venerdì 3 a domenica 5 febbraio. Perciò il 24 gennaio gli ho mandato un'email, per chiedergli se fosse interessato a vedere gli acquerelli, ben consapevole che i tempi erano molto stretti per un'esposizione». Neanche un'ora dopo, l'attore e co-regista le aveva già risposto: «Che storia affascinante e singolare. Certo che m'interessa, mi mandi le opere e cerchiamo di selezionarle a seconda delle vicende e delle avventure che abbiamo scelto per il nostro Don Chisciotte».
NEL FOYER
Detto e fatto: Boni ha individuato 35 tavole, da cui per motivi logistici ne sono state scelte 5, che sono state riprodotte in grande formato (alcuni pannelli superano i due metri) e che saranno allestite nel foyer grazie alla collaborazione del Teatro Stabile del Veneto. «Complimenti alla zia, ottima mano», ha commentato ancora l'interprete principale (con Serra Yilmaz) della pièce, che nelle note di regìa omaggia così i Don Chisciotte di tutte le epoche: «Sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno». Proprio come Maria Teresa Gracis, avanguardista e anticonvenzionale, riscoperta dopo quasi sessant'anni e ancora tutta da celebrare.