Treviso. Accoltellamento davanti ad un locale, ferito un dominicano che tentava di sedare una rissa

Dopo l'omicidio di Fiera è il secondo caso di violenza in città, indagini in corso

Lunedì 17 Ottobre 2022 di Maria Elena Pattaro
Accoltellamento davanti ad un locale dopo quello di Fiera
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TREVISO - Ancora scontri e sangue in città. Dopo la rissa a Fiera tra kosovari culminata con l'uccisione di Ragip Kolgeci, sabato notte la violenza è andata in scena in Strada Ovest. A farne le spese è stato un 35enne dominicano, intervenuto a fare da paciere durante un violento litigio. Voleva calmare gli animi, evitare che i due contendenti, che probabilmente facevano parte di due gruppi diversi, venissero alle mani. Invece è finito al pronto soccorso con ferite d'arma da taglio che fortunatamente non hanno scalfito punti vitali. Il diverbio sarebbe iniziato vicino al locale Los Zapatas di viale della Repubblica. Un bar attorno a cui gravitano numerosi pregiudicati, tanto che l'anno scorso il questore ne aveva disposto la chiusura per 10 giorni per motivi di sicurezza e ordine pubblico. Sabato sera, 15 ottobre, l'ennesimo episodio allarmante, sfociato nel ferimento del sudamericano che avrebbe tentato di ricomporre una lite. O almeno questa è la versione che il ferito ha raccontato agli inquirenti, che ora stanno cercando di chiarire i contorni di una vicenda che rischiava di avere un epilogo ben più tragico. Preoccupa la facilità con cui spuntino coltelli per dirimere diatribe nate anche da motivi futili. E la mattanza di Fiera insegna come un regolamento di conti possa finire nel sangue.

La mattanza, risse a colpi di coltello

In città l'allerta rimane altissima dopo l'omicidio del 52enne Ragip Kolgeci, mercoledì sera. I presunti assassini, ovvero il 50enne Afrim Manxhuka e il nipote 31enne Valmir Gashi rimangono in carcere con l'accusa di omicidio volontario e rissa aggravata: così ha deciso il gip Carlo Colombo accogliendo la richiesta del pubblico ministero Valeria Peruzzo, che contestava il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato. Nel frattempo continuano a ritmo serrato le indagini della Squadra Mobile sia per raccogliere ulteriori elementi utili a corroborare il quadro accusatorio, sia a identificare gli altri partecipanti alla rissa. Per loro potrebbero fioccare denunce per rissa, lesioni e porto abusivo di armi o oggetti atti a offendere. Sono una trentina gli stranieri che hanno partecipato alla faida nella piazzetta del bar La Musa di viale IV Novembre, armati di coltelli, spranghe, bastoni, cacciaviti e tirapugni: da una parte i Kolgeci, dall'altra il gruppo di Manxhuka-Gashi.

Le indagini

I due presunti killer, che secondo gli inquirenti avrebbero commesso materialmente l'omicidio (sferrando le coltellate all'addome e alla gamba e la bastonata alla testa) continuano a respingere ogni accusa: «Non lo abbiamo ucciso noi. Eravamo lì ma non lo abbiamo colpito, anche noi siamo stati picchiati». «Quella sera ero presente, sono intervenuto per calmare gli animi, ma non ho colpito la vittima» ha spiegato Gashi al giudice per le indagini preliminari. Lo zio fornirà la propria versione dei fatti nei prossimi giorni, quando si sarà ripreso dal colpo alla testa. Ma intanto nega ogni addebito. Sull'incontro a casa di Maxhuka avvenuto qualche ora prima dello scontro, in cui Ragip avrebbe tentato una mediazione per appianare i contrasti legati al debito di 500 euro che il figlio Kastriot aveva nei confronti del 50enne, le versioni delle due parti sono agli antipodi. Gashi sostiene che erano stati i Kolgeci a presentarsi in massa (oltre dieci persone), tanto che il padrone di casa avrebbe rinviato l'incontro di alcune ore così da affrontarli ad armi pari. Figlio e nipoti della vittima, che raccontano invece dell'accoglienza umiliante di Ragip a casa del connazionale, a cui è seguito l'agguato a Fiera.

 

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