Accoltellato in centro a Pieve di Soligo, l'aggressore: «Sono stato io e sono pronto a rifarlo»

La vittima ricorda perfettamente la sensazione della lama che gli colpisce il collo

Giovedì 6 Ottobre 2022 di Valeria Lipparini
I carabinieri a Borgo Stolfi a Pieve di Soligo dopo l'accoltellamento
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PIEVE DI SOLIGO (TREVISO) - «Ho accoltellato un ragazzo, sono pronto a farlo ancora» questo quanto ha detto Marco Viezzer, il 19enne di Pieve di Soligo ai carabinieri, dopo aver aggredito ferocemente il coetaneo Adriano Zara, lasciandolo con una profonda ferita tra il collo e il trapezio nel centro del paese, in borgo Stolfi. Prima di esser arrestato per tentato omicidio. Oggi comparirà in aula per l’udienza di convalida, assistito dall’avvocato Marco Furlan. Mentre Adriano Zara, dimesso dall’ospedale dove era stato ricoverato la notte stessa in gravi condizioni, racconta: «Sono stato accoltellato alle spalle. E non so ancora perchè. Marco era mio amico. Ho sentito il rumore del coltello a serramanico che scattava. Non lo dimenticherò più. L’ho risentito dieci, cento, mille volte stanotte. Mi addormentavo e mi risvegliavo. In un incubo che non ha fine». Il 19enne di Pieve di Soligo colpito la notte tra lunedì e martedì è stato fortunato. La lama, che è penetrata 8 centimetri tra la nuca e il trapezio, gli ha scheggiato la vertebra C4, praticamente sul collo. Un po’ più a fondo e sarebbe potuto restare paralizzato. «Adesso sto relativamente bene, i medici hanno detto che sono fuori pericolo. Ma devo tornare in ospedale per essere sottoposto a Tac. Hanno detto che la ferita alla vertebra è seria. E poi, sono ancora sotto choc. Quello che mi è successo è talmente assurdo che, alle volte, penso di essermelo sognato». Adriano ripercorre quella serata nei minimi dettagli. Senza trovare, alla fine, una ragione per quella brutale aggressione. Mentre Marco Viezzer, 19enne anche lui di Pieve di Soligo, è ai domiciliari.

Era fuggito ma è stato fermato dai carabinieri a Follina, a sette chilometri dal luogo dell’aggressione.

La ricostruzione

A raccontare quella serata è Adriano: «Eravamo in compagnia e siamo andati in un bar a bere una birra. Poi, verso le 22, siamo rimasti io e Marco. Eravamo compagni alle medie e fino a ieri eravamo grandi amici. Lui, era nervoso perchè aveva litigato con un ragazzo. Gli facevo compagnia e cercavo di tranquillizzarlo. Gli dicevo “ci sono io qui con te, stai calmo”. Le mie parole sembravano non servire. Ed è stato a quel punto che i suoi genitori ci hanno trovato. Lui si è alterato ancora di più. Anche perchè avevamo bevuto un’altra birretta. Così ci siamo allontanati». Adriano vede che la serata non sta andando bene e scrive un messaggio al cugino. Gli chiede di raggiungerli e, al suo rifiuto, gli dice che entro breve andrà a casa anche lui. Ed è a quel punto che viene aggredito. «Appena sono stato colpito mi sono girato e l’ho guardato negli occhi. Non mi ha detto una parola. Aveva lo sguardo annebbiato, ed è scappato. Non avevo ancora capito che ero stato ferito in modo grave ma quando ho visto il sangue, mi sono impressionato. Ho chiamato mio cugino e, insieme, abbiamo avvertito l’ospedale. Poi, i carabinieri mi hanno chiesto cos’era successo e io non volevo dire loro che era stato Marco. L’ho fatto solo in un secondo momento. Ma non ho saputo spiegare perchè. Non ho capito perchè mi ha colpito con tanta ferocia e non l’ho più sentito.

La vittima: «Ora chiederò i danni morali»

Adriano, difeso dall’avvocato Pio Ugo Ori, ha deciso: «Gli chiederò i danni morali e fisici. Era amico mio, adesso non lo è più. Deve provare il carcere. Deve capire quanto male mi ha fatto. Ha sempre avuto tutto, anche i genitori gli sono sempre stati dietro. Secondo me, lunedì sera non era alterato. Era pienamente in sè e sapeva quello che voleva fare. Voleva farmi del male». Ma se gli si chiede la ragione di tanta ferocia, Adriano farfuglia. «Non so, non l’ho capito. E non l’ho più sentito» risponde. E aggiunge: «Non me lo sarei mai aspettato. Non potevo immaginarlo. In tutta la serata è stato com’è di solito. Non auguro a nessuno il dolore fisico e la delusione per un amico che non è più tale». I due avevano già combinato qualche marachella, finita con una denuncia e poi il perdono giudiziale, appena quattordicenni. Uno all’alberghiero e l’altro all’Ipsia una mattina avevano “marinato” scuola per rubare la bicicletta di un ragazzino delle medie. Per un po’ non si erano più visti. Poi, l’amicizia si era rinsaldata negli ultimi anni. E, adesso, quello che hanno da dirsi se lo diranno in un’aula di tribunale. 

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Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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