Il 15enne in carcere: «Sono disperato, ditemi come sta Marta, non volevo farle del male»

Mercoledì 24 Marzo 2021 di Angela Pederiva
Marta Novello
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MOGLIANO - Al momento dell'arresto, è rimasto in silenzio. Ma dopo una notte nel Centro di prima accoglienza, attiguo al carcere di Santa Bona, il 15enne ha parlato. «Sono disperato, ditemi come sta Marta, io non volevo farle del male», ha detto all'avvocato Matteo Scussat, nominato d'ufficio e confermato di fiducia, che si appresta ad assisterlo nell'udienza di convalida.

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LA CHAT

Non è più il tempo della spensieratezza, come quella che brulicava nelle conversazioni su WhatsApp all'interno della sua compagnia, un gruppetto di maschi e femmine che abitano a Marocco.

La leggerezza dell'età spuntava fin dal nome scelto per la chat: MS(C crociere), una denominazione che faceva il verso al colosso delle Grandi Navi, ma che nel codice degli adolescenti significava Massa Sghign, cioè qualcosa di simile a troppo divertente. Tre le figure collegate: la foglia, la bottiglia di spumante, la freccia con la scritta top. Spiegano tre coetanei, «i suoi migliori amici», come si definiscono: «Sono cose che capiamo noi, hanno a che fare con la musica che ci piace, rap e trap soprattutto». 

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I MESSAGGINI

A rileggerla ora, la sequenza dei messaggini inviati lunedì pomeriggio mette i brividi. Non per i contenuti, ma per i tempi. Alle 13.55 lo studente chiede: «Chi esce oggi?». Arriva una sola risposta, alle 14.09: «Nop», scrive un amico, esprimendosi in slang per dire di no. Nessun altro interviene nella chiacchierata virtuale. Ai componenti della comitiva resta un certo rammarico: «Se gli avessimo detto di sì, forse questa storiaccia non sarebbe mai successa. Chissà, magari gli era capitato qualcosa e aveva bisogno di sfogarsi... Non possiamo dire di sentirci in colpa, perché l'avevamo visto anche domenica e ci era sembrato tranquillo, come al solito. Avevamo parlato delle solite cose: la scuola, il calcio, la musica, il basket. Ma a volte affrontavamo anche temi più seri, come il Covid e il razzismo, per esempio dopo i fatti degli Stati Uniti, che però non lo toccavano personalmente, in quanto ha sempre saputo farsi rispettare. Per cui no, non potevamo immaginare niente di particolare in ballo in quel momento, però un po' di dispiacere ci resta, ecco».  Dal numero del ragazzino risulta spedito un altro messaggio, alle 18.11, ma questa volta è sua madre a scrivere al gruppo: «Se (nome del minorenne, ndr.) è lì... ha dimenticato il tel a casa». Un amico del figlio le risponde alle 18.13: «Ciao (nome della donna che non rendiamo riconoscibile, ndr.) non so dove sia». Lei replica alle 18.14: «Ok grazie». Ma a quel punto, non trovando il figlio a casa e anzi rinvenendo il suo cellulare, «da cui lui non si separava mai» come confermano gli amici, la donna comincia a preoccuparsi. Alle 18.17, nuovo messaggio della madre alla chat: «Qualcuno ha idea di dove sia?». Uno dopo l'altro, i membri del gruppo allargano le braccia: «No».

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LE INDAGINI

Nessuno di loro ancora sa che il 15enne si trova ormai in arresto, con la pesante accusa di tentato omicidio, perché alle 17 ha inferto una ventina di coltellate a una 26enne che abita a qualche centinaio di metri da casa sua. Nel colloquio con l'avvocato Scussat, l'adolescente ha chiesto come stessero Marta Novello e pure i suoi familiari. Nessun accenno al movente della drammatica aggressione, ma una crescente consapevolezza della gravità del reato. Lo stesso difensore per ora non si sbilancia sulla matrice dell'accoltellamento e ha chiesto al proprio assistito di rifletterci per tutta la giornata, prima di dare la sua versione dei fatti. Sono i carabinieri, nell'ambito delle indagini coordinate dal pubblico ministero Giulia Dal Pos della Procura per i minorenni di Venezia, a propendere per un tentativo di rapina degenerato. Ancora molti sono però i punti oscuri della vicenda che devono essere chiariti. Non ci sarebbero riscontri sul fatto che l'aggressore e la vittima si conoscessero, anche se non è affatto da escludere una conoscenza per quanto superficiale, dato che i due vivono a qualche centinaio di metri di distanza e che entrambi frequentano le strutture del quartiere, come ad esempio la parrocchia. Fino all'accanimento dei venti fendenti, come descritto dai due operai veneziani che per primi hanno prestato i soccorsi: «Lui continuava a colpirla, così l'abbiamo tenuto fermo».

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Ultimo aggiornamento: 18:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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