Accoltella il compagno davanti alle macchinette. Lo studente di 17 anni espulso dal Turazza: «Ora lavori socialmente utili»

Martedì 28 Febbraio 2023 di Valeria Lipparini
Accoltella il compagno davanti alle macchinette. Lo studente di 17 anni espulso dal Turazza di Treviso

TREVISO - La scuola ha deciso. Troppo grave quel gesto. L'accoltellatore che giovedì ha colpito ripetutamente un compagno davanti alle macchinette del caffè, al Turazza, è stato espulso. Non potrà tornare in classe. E non potrà nemmeno seguire le lezioni da remoto. Il consiglio di classe straordinario si è riunito ieri. La discussione tra insegnanti e preside è stata accesa. I toni preoccupati. Ma il verdetto raggiunto è stato condiviso. «Non ci sono le condizioni perchè quel ragazzo possa tornare sui banchi. Venire in classe con un coltellino e usarlo contro un compagno è inammissibile. Non intendiamo sostituirci alla giustizia, che seguirà il suo percorso attraverso il Tribunale dei minori. Nel regolamento disciplinare non è contemplato un caso del genere. Non avremmo mai potuto pensare, e nemmeno prevedere, che a scuola ci potesse essere un accoltellamento. E speriamo che non si ripeta mai più un episodio del genere.

Però è stato troppo grave per poter pensare di soprassedere. Il ragazzo è stato espulso» decreta il preside dell'Istituto professionale Turazza, Gianluigi Bettiol.

Espluso da scuola e messo a fare lavori socialmente utili

La scuola, però, è un luogo educativo dove si impara. Non soltanto quello che è scritto sui libri. Oppure quello che si può fare nei laboratori. Si impara a stare con gli altri, si cresce nel confronto. Ed è proprio a questo ruolo educativo che il preside non ha intenzione di rinunciare. Tanto è vero che l'espulsione è solo una parte del provvedimento assunto dall'istituto nei confronti del 15enne kosovaro che ha accoltellato un 17enne magrebino, studente dello stesso istituto, ma in un'altra classe. «Secondo la nostra pedagogia, il ruolo della scuola è quello di un'agenzia educativa, che deve rimanere tale. In quest'ottica abbiamo cercato un'alternativa per questo giovane. E abbiamo aperto un percorso di lavori socialmente utili con la comunità Murialdo» precisa il preside. Il giovane kosovaro, iscritto in prima all'Engim Turazza, potrebbe quindi andare da Murialdo, applicato per lavori in campagna. «Potrebbe cominciare quando si sentirà pronto, ma la disponibilità della comunità Murialdo c'è tutta. Verrà affiancato da un operatore. E potrebbe trascorrere la mattina in comunità, anzichè a scuola» aggiunge il preside. Un modo semplice per aprire un orizzonte diverso, rispetto a quello della violenza e della prevaricazione, che i ragazzi usano come il verbo. «Far capire ai giovani che esiste un'altra prospettiva oltre alla legge del più forte è una delle missioni della scuola» dicono i professori che hanno partecipato al consiglio di classe di ieri.

Il timore di vendette e ristorsioni

«Abbiamo voluto muoverci con il territorio per impegnarlo - spiega il preside - perchè la scuola ha una funzione educativa irrinunciabile. Certamente, poi, dovremo aspettare la decisione del Tribunale dei minori di Venezia». Nessuno a scuola ne parla. Ma è ovvio che il tentativo è quello di chiudere definitivamente questo brutto episodio che, fortunatamente, non ha avuto conseguenze letali. Dietro l'angolo c'è la paura di vendette e ritorsioni. Intanto, ieri il preside ha incontrato la famiglia del ragazzo ferito da tre coltellate al torace e alla schiena. Dimesso dall'ospedale alcuni giorni fa è in rapido miglioramento e potrebbe tornare a scuola molto presto. Bettiol sta organizzando anche un incontro con l'accoltellatore. «Questo brutto episodio ha coinvolto due famiglie, oltre che due ragazzi. Siamo presenti per entrambi» conclude il preside. Intanto, arrivano all'Engim Turazza, molti messaggi di solidarietà del territorio. Ex docenti, ex studenti e il dirigente di una scuola superiore che scrive: «La vostra passione e capacità sarà di sicuro più forte dei momenti di difficoltà». Tutto questo mentre i professori dell'Istituto coltivano un sogno: «Sarebbe bello che il 15enne chiedesse scusa pubblicamente, a scuola». Ma, forse, resterà solo un sogno.

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