VILLADOSE (ROVIGO) - La sua morte resterà avvolta da molti interrogativi che resteranno irrisolti, ma quanto meno il nome dell'uomo trovato senza vita nei boschi della Val di Fiemme il 2 maggio scorso non è più un mistero: si tratta infatti di Andrea Ghirardi, che avrebbe compiuto 44 anni il 29 aprile, anche se per quella data si era già spento. Era nato a Villadose, in provincia di Rovigo, ed era stato anche nella Legione straniera francese. Si era arruolato poco più che ventenne, andando in missione nel Corno d'Africa, a Gibuti, in Guinea ed in altri paesi africani, tornando nel 2014 profondamente segnato dall'esperienza vissuta. Un trascorso che spiega alcuni degli aspetti balzati immediatamente agli occhi dei carabinieri che hanno avviato le prime indagini: il rifugio di fortuna che era riuscito a costruire con pietre, rami ed un telo, il suo equipaggiamento essenziale e funzionale e la sua organizzazione, lasciavano intravedere un addestramento militare.
Uomo trovato morto nei boschi: chi era Andrea Ghirardi
Ma nella sua vita Andrea è stato molto di più. Un talento per il disegno, un grande amore per la natura. Aveva frequentato l'Istituto d'arte, indirizzo Orafo, a Castelmassa, aveva progettato la prima armatura dei romani della Legio I Italica della rievocazione storica del suo paese. Poi, tanti lavori senza riuscire a trovare la propria dimensione: barista, gestore di palestra, poi, dopo la fine dell'esperienza militare, restauratore e imbianchino, come il padre. Cercava una propria strada. Alla fine, il suo tortuoso percorso di ricerca l'ha portato nel folto dei boschi del Trentino, isolato da tutto e da tutti, vicino ad un torrente, con uno strano programma trovato scritto a penna su alcuni fogli, una sorta di calendario, da luglio a dicembre, con delle caselle barrate, sotto la scritta digiuno. Con l'ultima crocetta apposta a segnare il passare dei giorni nella casella del 4 ottobre. Poi, un'altra parola, una richiesta: Crematemi. Intanto, però, il suo corpo aveva iniziato a decomporsi.
Il suo riconoscimento è stato difficoltoso, con il comandante della Compagnia Carabinieri di Cavalese, il tenente colonnello Enzo Molinari che invita alla cautela fino al responso definitivo del Dna. Decisivi per riuscire a risalire al suo nome sono stati i suoi tatuaggi, mostrati anche da Chi l'ha visto, sui quali sono state fatte tante ipotesi. A svelare il mistero di quei disegni sulla pelle è il fratello di Andrea, Riccardo, un artista che ha trovato una propria dimensione creando capolavori iperrealistici utilizzando solo penne a sfera. Anche lui, ha trovato la propria strada lontano dal Polesine, a Londra, dove lavora per il British Museum: «Se li è fatti lui, avevamo circa 16 anni quando si è comprato la macchina per i tatuaggi: voleva sperimentarla su di me, io mi sono rifiutato e allora se li è fatti su di sé».