Falsa addetta Caf le portò via soldi e gioielli: condannata a 8 anni

Venerdì 7 Ottobre 2022 di Francesco Campi
Falsa addetta Caf le portò via soldi e gioielli: condannata a 8 anni

ROVIGO - Ha suonato alla porta di una ultrasettantenne rodigina, spacciandosi per un'impiegata di un Caf e dicendo di essere stata incaricata dalla figlia dell'anziana per aiutarla nella compilazione della richiesta di un bonus da 80 euro. Poi, una volta in casa, ha spruzzato una sostanza narcotizzante ed ha portato via tutto, risparmi e gioielli per un bottino di circa 7.500 euro. Una delle tante “truffe agli anziani”, ma che dal punto di vista giuridico è classificata come rapina pluriaggravata. Una rapina che risale all'11 febbraio 2020 e che ha visto ieri condannata la sua autrice, Bruna Hodorovich, 47 anni, ritenuta il “boss” del clan sinti del Passetto, fra Adria e Cavarzere, già in carcere per altri motivi, ad una pena di ben 8 anni e 9 mesi di reclusione. La pena, decisa ieri dal Collegio del Tribunale di Rovigo, è comprensiva, oltre che della rapina compiuta e della contestata recidiva, anche di altri due reati dei quali rispondeva e che erano confluiti nel capo d'imputazione, ovvero un altro tentato furto, con analogo viscido raggiro, ai danni di un 91enne rodigino, a casa del quale si era presentata il 24 gennaio del 2020, sempre raccontando una frottola, in questo caso di avere delle carte da fargli firmare, nonché di essere poi fuggita, dopo l'intervento salvifico della moglie dell'anziano, a bordo di una Polo alla quale era stata cambiata la targa originale con una rubata.

LA TESTIMONIANZA

Ieri in aula, prima della discussione, è stata ascoltata anche la testimonianza della vittima della rapina, oggi 77enne che a dispetto dell'età e dello scoramento nel ricordare quella dolorosa vicenda, ha lucidamente raccontato la messinscena della donna, che ha anche finto di chiamare al telefono sua figlia così da farle credere di essere d'accordo con lei, e che ha poi spruzzato una qualche sostanza nell'aria che le ha fatto perdere lucidità e controllo, al punto da lasciarsi sfilare anche i gioielli che aveva addosso, che la ladra ha portato via insieme ai contanti che è riuscita ad arraffare a casa dell'anziana, circa 2.500 euro di risparmi.

UN CENTINAIO DI COLPI

Nel maggio di due anni fa Bruna Hodorovich è stata arrestata insieme al marito e ad altre sei persone, compresi i due figli, con l'accusa di aver messo a segno complessivamente oltre un centinaio di furti, fra le province di Venezia, Rovigo, Verona, ma anche Mantova e Ferrara, con un vero e proprio sistema criminale valso anche l'ulteriore accusa di associazione a delinquere. A raccontare nei dettagli le modalità dei furti, le gerarchie del clan e della banda che agiva per commettere i furti, oltre ai contatti con i ricettatori marocchini, era stata la moglie del figlio di Bruna, che si era presentata dai carabinieri per denunciare tutto, raccontando di anni di insulti, minacce e violenze perché si era sempre rifiutata di partecipare alle attività del marito e dei suoceri, fino a quando la situazione non si è poi fatta insostenibile. Un racconto che è stato vagliato per quasi due anni, cercando riscontri oggettivi alle sue parole che potevano essere dettate anche dalla mera volontà di vendicarsi dei torti subiti. Oltre a tutti i colpi ricostruiti, solo una piccola parte di un “lavoro” pressoché quotidiano, i carabinieri avevano anche scoperto che la 47enne era percettrice del reddito di cittadinanza.

Altro aspetto che l'aveva nuovamente portata alla ribalta delle cronache.

Ultimo aggiornamento: 08:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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