Don Pasqualin, tre mesi vissuti con il Covid-19: «La fede e i sanitari hanno vinto»

Martedì 13 Aprile 2021 di Federico Rossi
Don Torfino Pasqualin racconta tre mesi di lotta con il Covid-19

BADIA POLESINE Un racconto di forza, fede e speranza.  quello che ha voluto diffondere nelle scorse ore l’Unità pastorale di Badia Polesine, che ha pubblicato sui propri canali social la testimonianza del parroco don Torfino Pasqualin, che ha saputo sconfiggere il Covid dopo circa tre mesi di battaglia contro la malattia.

LA MALATTIA
«Sono stato aggredito dal Covid circa a metà di dicembre 2020; sono uscito dalle unghie del virus, dopo essere stato ospite di tre ospedali, martedì 23 marzo 2021.

Tre mesi e una settimana – ha raccontato il parroco nel messaggio pubblicato sulla pagina Facebook della parrocchia e riportato anche nel settimanale diocesano La Settimana - Tutto è iniziato con una improvvisa febbre a oltre 38; mi sono subito preoccupato di controllare la saturazione dell’ossigeno nel sangue, risultata molto bassa; immediatamente sono stato indirizzato al ricovero nell’ospedale di Trecenta. Mi sono così trovato confinato tra due sponde di un lettino, da cui non si poteva pensare di scendere per nessun motivo. Ben presto mi sono convinto che era impensabile godere di un minimo di libertà».

IL RACCONTO
Una testimonianza ricca di dettagli, quella espressa da don Torfino, che prosegue con il ricordo di alcuni tra i momenti più difficili della degenza al Covid Hospital “San Luca” di Trecenta e della lotta contro il virus, ma anche con l’appoggio offerto dalla fede cristiana e dalla vicinanza di medici e operatori sanitari, da oltre un anno in prima linea nella lotta al terribile virus. Particolarmente toccante il pensiero che il parroco di Badia don Torfino Pasqualin ha dedicato al personale ospedaliero che l’ha avito in cura da metà dicembre a marzo. «Un pomeriggio – si legge nel racconto del parroco - un infermiere, con una gentilezza squisita, senza che glielo chiedessi, mi si è avvicinato dicendomi: “Don, voglio farle la barba”. E che dire delle infermiere di Badia e di Canda che, una volta riconosciutomi, mi hanno salutato, suscitando in me la voglia di vivere ancora come prete nella comunità dei credenti, nelle parrocchie del nostro servizio sacerdotale? Ho detto degli infermieri, indicando con questo termine anche gli operatori sanitari vari. Anche i medici, oberati come erano dai molti ammalati di Covid-19 si sono mostrati attenti e generosi nel loro servizio alle persone singole. Chi mi conosce sa che non sono troppo espansivo, né estroverso, né esuberante, ma non mi sono mai sentito depresso; e, pur sognando di tornare a casa, non me ne sono mai fatto un problema».

MESSAGGIO DI SPERANZA
Ora che ha sconfitto il Covid, il sacerdote conclude la sua testimonianza con un messaggio di speranza: «Sono tentato di dire che è stata vita anche quella dei miei tre mesi di ammalato ricoverato, ho vissuto molto perché molti mi hanno voluto bene. Ho vissuto molto perché molti credono alla vita e amano il prossimo specie quando è debole, ammalato e vecchio. Mi sono sentito amato».
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Ultimo aggiornamento: 08:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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