Per la siccità le api non hanno più cibo e non fanno più miele

Domenica 17 Luglio 2022 di Anna Nani
Alessio Marangon con le sue api

ROVIGO - Come se non bastassero parassiti, agenti infettivi e fitofarmaci, in questo 2022 le api sono state messe sotto stress anche dai mutamenti ambientali. Il clima siccitoso che non molla la presa sta mettendo in pericolo non soltanto la produzione di miele del Delta del Po, ma la sopravvivenza stessa di questi piccoli insetti che sono fondamentali alla sopravvivenza umana.
A fare il quadro della situazione - con apprensione - è Alessio Marangon, dell’omonima apicoltura di Porto Tolle, che oltre al danno della siccità, nei giorni scorsi ha subìto anche la beffa della bufera che gli ha spazzato via numerose arnie a Polesine Camerini, facendogli perdere qualche famiglia. «Purtroppo numerose api sono annegate nel coperchio che si è rovesciato, ho perso almeno tre regine e adesso sto risistemando i nuclei per metterle a riposo perché non ci sono fiori – racconta l’apicoltore Coldiretti - Qui nel Delta le piantagioni sono tutte secche, se riusciremo a fare un po’ di miele di erba medica sarà verso il Ferrarese dove c’è ancora qualche appezzamento che regge. Ma qui i campi non sono più alti di una decina di centimetri e non c’è materiale per i nostri insetti».

INSETTI ALLA FAME 

Marangon è preoccupato: «Si può dire che sia da maggio scorso che non piove, adesso poi ci sono state pure delle grandinate che hanno spazzato via quel po’ di fiori che c’erano. Sono stati distrutti pure i rovi, che le api “utilizzano” per fare anche miele di melata, che deriva da una sostanza dolce prodotta da alcuni insetti che succhiano ed elaborano la linfa; le api se ne nutrono e producono questo miele. Ma la tempesta ha spazzato via anche le foglie e ora non c’è praticamente più nulla di nutriente per loro. Avevo posizionato delle arnie anche da Veneto Agricoltura, a Rosolina, dove si sono abbattute le grandinate nei giorni scorsi». L’apicoltore racconta di come la primavera lo avesse in qualche modo rincuorato: «Grazie a quel po’ di umidità che è rimasta fino a metà maggio ero soddisfatto di quanto prodotto. Poi ho dovuto cominciare a spostare le arnie per cercare un po’ di fiori spontanei, ma con poco risultato. Solitamente fino ai primi di settembre si riusciva a produrre miele, adesso siamo proprio a zero. Avremo già perso il 30-40 per cento di produzione».
Grazie alla raccolta primaverile le api hanno ancora un po’ di scorta su cui fare affidamento per la propria sopravvivenza, ma la produzione estiva è inesorabilmente compromessa. «Stavo pensando di metterle a riposo e di chiudere la stagione – ragiona Marangon - È inutile insistere, rischiando di sottoporle ad uno stress alimentare che le metterebbe in pericolo. Ricordo quando l’anno scorso ho dovuto nutrirle per non perderle. Speravo che piovesse, ma quella scesa non è sufficiente, in più c’è il vento che sta seccando tutto».

PIANI ALTERNATIVI

L’apicoltore di Porto Tolle invoca una politica alternativa per quanto riguarda la gestione dell’acqua e dell’agricoltura in generale: «Sarebbe opportuno studiare dei programmi almeno ventennali di un certo tipo, ad esempio quando si fa un piano per le alberature invece di scegliere il pioppo che dà polline, ma niente più, optare per tigli o aceri che fanno i fiori».
 

Ultimo aggiornamento: 18:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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