Rovigo. Lettere di sfratto agli anziani di Casa Serena ma loro si ribellano: «Di qui non ci muoviamo»

La Prefettura è contraria allo spostamento degli ospiti perché manca un piano di riallocazione

Giovedì 6 Ottobre 2022
La "traccia" che va da pavimento a soffitto lasciando a nudo una tubatura a Casa Serena.

ROVIGO - «Possono mandare tutte le lettere che vogliono, io da qui non mi muovo anche perché non ho idea di dove andare, non ho più nessun mobile, non ho nessuno che mi possa ospitare. Nulla. Mi devono sollevare di peso per portarmi via da casa mia». A parlare così è una delle persone che vivono negli appartamenti della “casa albergo” di Casa Serena, una donna che, dispetto dell’età che avanza, mantiene uno spirito battagliero. In questi appartamenti ora al centro dell’attenzione dopo che per anni di attenzioni ne hanno avute ben poche, si trovano persone completamente indipendenti ed autonome, seppur anziani, che hanno ciascuno un proprio appartamento in affitto, come in un grande condominio. Mezzo abbandonato e cadente. Ma che non hanno intenzione di lasciare a meno che non venga prospettata loro una valida alternativa. Eppure la raccomandata che è stata inviata a tutti gli occupanti dei 16 appartamenti dei 36 complessivamente disponibili, dal commissario straordinario di Iras, Ezio Zanon, il cui mandato è arrivato al capolinea ad agosto e che fra poco più di una settimana terminerà anche il periodo di prorogatio, dice proprio questo: in un mese dovete lasciare il vostro appartamento, liberandolo di tutte le vostre cose.


La Prefettura è contraria: «Manca un piano di riallocazione»

In realtà, come si sottolinea dalla Prefettura «stante la necessità di assicurare agli ospiti adeguati livelli di assistenza, non risulta possibile intimare agli ospiti stessi di lasciare la struttura entro un determinato termine se prima non sia stato predisposto un piano di riallocazione concordato e condiviso con gli interessati o le loro famiglie, nell’obiettivo esclusivo di continuare a garantire i medesimi livelli di assistenza, se non superiori». E proprio oggi dovremmo esserci un incontro in Prefettura con il sindaco Gaffeo e il commissario dell’Iras, Zanon.
«La raccomandata l’ho appena ritirata, ho un mese di tempo per liberare il mio appartamento. Da quanto vivo qui? Sono 37 anni. E ora io ne ho 74», spiega un altro inquilino. Con modi gentili apre la porta del suo monolocale: «All’inizio vivevo in un appartamento più grande, con due camere, insieme ai miei genitori, poi dopo che sono venuti a mancare mi sono spostato in uno più piccolo perché l’altro costava troppo. Questo è molto piccolo. E il bagno non ha nemmeno la doccia, ma io sono fortunato, ne ho una tutta personale di là».

 

I segni del degrado negli appartamenti

Per far capire meglio, attraversa il corridoio spettrale, con il linoleum del pavimento tutto scortecciato con chiazze di cemento “nudo” e con le pareti segnate come una carta geografica di rattoppi e gore, raggiungendo i bagni comuni dove una porta, con la chiave in suo unico possesso, dà accesso ad una piccola doccia. Accanto, due porte coperte di ragnatele con un cartello: “Non usare acqua colonna di scarico guasta”. «Il vero problema è che qui non viene fatta manutenzione da anni e anni. Quel buco nel muro lì – dice indicando una traccia che va da pavimento a soffitto lasciando a nudo una tubatura – è così da almeno cinque anni. Delle luci del corridoio ne funzionano due. Io forse per il futuro ho trovato una sistemazione diversa, ma è un peccato che qui sia lasciato tutto andare così. Siamo rimasti sempre meno, in questo pano siamo solo in tre. Sull’ipotesi che questi appartamenti passassero all’Ater cosa penso? Che se fossero stati ben tenuti l’operazione sarebbe stata possibile, ma ora con tutto ridotto in questo stato, come possono avere i soldi per sistemarli?».


I lavoratori sono preoccupati per il loro futuro

La preoccupazione per quello che accadrà è palpabile anche i lavoratori. Nessuno ha voglia di rilasciare dichiarazioni, ma i volti tirati sono decisamente eloquenti. «Viviamo con grande ansia questa situazione», confessa una dipendente. Anche i familiari degli ospiti non nascondono i propri timori, soprattutto per l’assoluta incertezza: «Mia madre è qui da poco tempo, ma non cammina, non so se sia considerata autosufficiente o meno. A noi non è arrivata alcuna comunicazione, quindi non so quale sarà il suo futuro, ma un’operatrice ha detto che forse verrà trasferita a San Bortolo. Non siamo riusciti a capire cosa ci attende. Mia mamma una casa ce l’ha, quindi in teoria se qui dovesse chiudere tutto potrebbe tornare là, ma ha bisogno di assistenza, non è una cosa che si improvvisa da un giorno all’altro». Un altro familiare, si limita ad una sola riflessione, tagliente come una lama: «Ma chi decide si rende conto che si tratta delle esistenze di persone e delle loro famiglie e non di pacchi da spostare da una parte all’altra?».
 

Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 10:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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