Allarme, i medici di base stanno scomparendo: «Sarà impossibile seguire gli anziani»

Giovedì 18 Agosto 2022
Allarme, i medici di base stanno scomparendo: «Sarà impossibile seguire gli anziani»

ROVIGO - Il Polesine ha sempre meno medici di base, con dei “buchi” che sono addirittura raddoppiati rispetto a tre anni fa. Se le zone “carenti”, ossia quelle sprovviste di un numero adeguato di medici di famiglia nel 2019 erano una ventina, ora il sindacato pensionati della Cgil ne ha censiti almeno 39 e a giugno scorso erano ulteriormente saliti a 41. All’inizio di questo 2022 «in Veneto c’erano 2.826 medici di base in servizio, con 1.519 pazienti di media ciascuno quando il rapporto ottimale sarebbe di uno ogni mille, contro un fabbisogno potenziale di 3.303 professionisti. Si calcola che nella nostra regione nei prossimi sette anni usciranno dal servizio, soprattutto a causa dei pensionamenti, 1.878 medici e ne entreranno solo 595».
Di fronte a questo panorama, per i professionisti convenzionati «diventerebbe impossibile seguire i pazienti, specialmente quelli anziani, i più fragili e dunque minacciati dalla grande crisi della sanità territoriale».

LA SOLUZIONE

Per lo Spi Cgil «un modo per tamponare almeno in parte il problema sarebbe la nascita degli studi di medicina integrata, strutture con più medici e una segreteria comune. La delibera di giunta regionale numero 476 sul piano di sviluppo delle cure primarie, prevedeva che nel biennio 2018-2020 oltre il 60% dei professionisti si aggregassero fra loro. Invece al 19 maggio 2020, così come indicato da Palazzo Balbi, le strutture integrate erano solo 77 con 656 medici, il 22% del totale».
Anche in Polesine tali centri sono pochi e addirittura hanno visto dei medici andare via, a fronte di una provincia ad alto tasso di anzianità. «Il quadro si fa ancora più preoccupante tenendo conto delle tante persone anziane, soprattutto over 80, che devono fare i conti con più malattie croniche e che avrebbero bisogno di un filtro quasi costante con il medico di base. Ricordiamo che secondo il rapporto Ser del 2020 sulle malattie croniche, il 47% della popolazione veneta ha almeno un codice di diagnosi di patologia acuta o cronica e che un terzo della popolazione complessiva (34,1%) presenta almeno una malattia cronica; tra essi il 51,1% ha una singola malattia, il 23,2% due patologie croniche compresenti, il 7,5% 5 o più patologie».

IL COMMENTO

Così Nicoletta Biancardi, segretaria provinciale dello Spi, si dice «preoccupata, soprattutto per i nostri anziani: ci sono zone completamente scoperte, soprattutto nei comuni e nelle frazioni più piccole, dove i pazienti non sanno a chi rivolgersi per farsi curare, oppure devono affrontare distanze insostenibili per trovare un medico. La programmazione della Regione su questo fronte è stata davvero deficitaria e la colpa non è nemmeno del Covid, perché la pandemia ha solo fatto esplodere una situazione già di per sé drammatica. Le borse di studio finanziate dal Veneto nel 2020 (80) e nel 2021 (306) risultano insufficienti per recuperare i ritardi accumulati, ma anche tardive, dato che quei medici saranno operativi nel 2025. Palazzo Balbi deve attivarsi per il finanziamento di un numero più elevato di borse: proponiamo almeno 600, altrimenti ci troveremo in una situazione ancor più ingestibile. Bisogna poi spingere verso un’accelerazione delle aggregazioni fra medici di medicina generale, solo così si possono tamponare le falle del sistema e garantire un servizio costante a tutti gli assistiti. Lo Spi chiede da tempo una maggiore integrazione dei medici di medicina generale nel sistema sanitario, a partire dall’inserimento nelle nuove Case di comunità e dalla revisione del rapporto di lavoro: oggi sono liberi professionisti, dovrebbero diventare dipendenti delle aziende sanitarie, considerato il loro ruolo strategico».

Ultimo aggiornamento: 18:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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