La Casetta Rossoblù allo stadio Battaglini chiude anche la ristorazione d'asporto

Giovedì 14 Gennaio 2021 di Alessandro Garbo
TEMPIO DEL RUGBY Al Battaglini la Casetta Rossoblù è punto di riferimento per famiglie e "terzo tempo"

ROVIGO Niente brindisi e risate con gli amici in Casetta. E per i manicaretti della cucina polesana, bisognerà attendere. 
Fausto Forzato, a malincuore, ha scelto di rinunciare al servizio d’asporto per la Casetta Rossoblù e il locale rimarrà chiuso in questo periodo. E’ un momento estremamente delicato per il gestore rodigino, che si sdoppia tra il capoluogo e la frazione di Sarzano dove gestisce il J Bar, anch’esso chiuso. Con un lungo e accorato post sui social, Fausto ha espresso la sua amarezza: «Ho preso la decisione di non praticare l’asporto. Decisione sofferta, per me e la mia famiglia, oltre che per i dipendenti, ma dettata dal timore di incorrere in sanzioni amministrative. Mi rammarico, però, di vedere miei colleghi che, pur avendo intrapreso una strada diversa dalla mia, che rispetto, vengono meno alle più elementari le normative vigenti senza essere sanzionati. Tutto ciò mi fa pensare che vogliano metterci uno contro l’altro, dove il più forte, sarebbe da dire più furbo, prevale. Auspico una migliore sintonia tra i colleghi perché solo con il gioco di squadra, tutti uniti, potremo sconfiggere questa epidemia e venir fuori dall’emergenza sanitaria, nonostante una soffocante burocrazia che tenta di mettere il bavaglio, con restrizioni discutibili, a chi ha sacrificato la vita per il proprio lavoro e lo si vede scivolare dalle mani». 
PUNTO DI RIFERIMENTO
La Casetta Rossoblù sorge nel tempio italiano del rugby, lo stadio “Mario Battaglini”. La gestione di Fausto Forzato è iniziata nel 2014, qui tra infiniti cin-cin nel post partita e piatti della tradizione polesana lo sport e l’aggregazione hanno creato un mix vincente. Sconvolto dalla pandemia, nonostante tutto il campionato Eccellenza di rugby sta proseguendo, ma senza l’affetto dei tifosi sugli spalti visto che le partite sono a porte chiuse. E quei ricavi incidono in maniera pesante nelle casse del bar-ristorante: «Senza tifosi perdo più la metà degli incassi – spiega Forzato -. Manca il clima del dopo-gara, le chiacchiere con i tifosi e giocatori. Fanno parte della nostra ordinarietà. Ora abbiamo cinque dipendenti in cassa integrazione, la gente è abituata a lavorare e chiusa in casa va in crisi». 
CHIUSI E DEPRESSI
Un dato che spinge il barista a un’ulteriore riflessione: «Gli untori non sono i bar e nemmeno i ristoranti. Servono controlli serrati in centri commerciali e supermercati. Sono amareggiato: fateci lavorare, fate i controlli e se le regole non vengono rispettate, sanzionate». Poi lamenta scarsa vicinanza al settore: «A inizio dell’epidemia, eravamo riusciti a fare squadra con gli altri esercenti della città, ma nessuna categoria ci ha raggruppato». 
La delusione è tanta: «Il J Bar di Sarzano è chiuso dal 23 dicembre e abbiamo due dipendenti in Cig. Lavorare solo con l’asporto è faticoso per un bar di una frazione. Qui la gente si ferma per fare la colazione prima di andare al lavoro, magari tanti preferiscono mangiare una brioche o fare l’aperitivo in casa, non certo fermarsi in macchina davanti al locale. Gli incassi erano notevolmente diminuiti, la gente aveva paura a muoversi e in giro c’erano solo pochi clienti». Ancor più complicata la situazione della Casetta Rossoblù: «Fino a che rimaniamo in Zona arancione il locale non sarà riaperto, ha poco senso lavorare con l’asporto. Quando eravamo in zona gialla, c’era movimento con le pause pranzo dei lavoratori, ma lavorare di sera era diventato improponibile». Se da un lato Forzato invoca il rispetto delle regole, dall’altro non colpevolizza eccessivamente i colleghi: «I clienti devono rispettare le norme e non si possono fermare davanti ai bar per consumare, ma è chiaro che i gestori non possono trasformarsi in buttafuori. Io non ho fatto nessuna segnalazione alle autorità competenti, ma ritengo insufficienti i controlli». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA 

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