ROVIGO - Dio ti vede. Ma anche il sistema di videosorveglianza non scherza. E così, i vandali che hanno imbrattato la Chiesa di San Francesco e Giustina, sono stati beccati. Sabato pomeriggio sulla parte della facciata neoclassica della chiesa, che si trova fra due della quattro semicolonne in stile ionico, sono comparse scritte idiote. Non è purtroppo la prima volta che accade, ma ancora una volta è difficile capacitarsi dell’ignoranza di chi compie un simile gesto. Anche perché questa volta non si trattava nemmeno di bambini tanto piccoli, ma di ragazzetti che si erano ritrovati, come d consueto attorno ad uno dei “muretti”.
LA CHIESA
La chiesa di San Francesco come si presenta oggi è il frutto di un intervento ottocentesco, che ha radicalmente trasformato l’antica chiesa annessa al monastero francescano la cui costruzione fu avviata nel 1297 da Azzo VII d’Este, della quale s’intravedono ancora tracce nella canonica e nelle arcate della torre campanaria. Anche l’attuale denominazione è ottocentesca, perché il nome di Santa Giustina fu aggiunto dopo l’abbattimento dell’omonima chiesa che sorgeva in quella che ora è piazza Garibaldi, il cui perimetro è ancora tracciato in marmo sul liston.
IL PRECEDENTE
A maggio un fatto analogo era avvenuto nel porticato della Rotonda, il Tempio della Beata Vergine del soccorso, fresco di lavori di restauro, dove giovani con scarsa capacità di rendersi conto dell’importanza del luogo e della gravità del proprio gesto, hanno pensato bene di vergare con pennarelli scritte “d’amore” sull’intonaco appena rifatto delle colonne. Un atto vandalico che aveva provocato anche l’ira del sindaco: «Cari Agatha e Mattia, non vi conosco personalmente, immagino però che siate in quella fascia d’età, bellissima e complicatissima, in cui si comincia a scoprire l’amore, e si sente l’esigenza di dichiararlo al mondo intero. Ora qualcuno dovrà prendersi la briga di ripulire dove voi avete sporcato, e francamente saremmo tutti stati meglio anche senza. Una cosa così non la merita il vostro amore, non la meritiamo noi».
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