L'assalto al carcere di 40 anni fa: «Andammo in montagna e scampammo alla bomba»

Martedì 4 Gennaio 2022 di Marco Scarazzatti
Un'immagine della devastazione di 40 anni fa a Rovigo

ROVIGO - Sono passati 40 anni dal tragico attentato al carcere cittadino con l’evasione delle quattro detenute e il ricordo di questo fatto drammatico è ancora vivo, anche in chi all’epoca era solamente un bambino. Il 3 gennaio 1982 c’era chi avrebbe potuto morire, se solo il caso non avesse voluto. Tutti si rammentano ancora molto bene, di quando la città fu la notizia d’apertura dei telegiornali e dei giornali dell’epoca. Un commando terrorista, legato a Prima linea, guidato da Sergio Segio, assaltò il carcere rodigino di via Mazzini, con lo scopo di far evadere quattro detenute. Nell’esplosione, carica di tritolo, morì Angelo Furlan, come ricorda una lapide sul muro del vecchio carcere. Sull’episodio venne anche girato un film, “La prima linea”, con Riccardo Scamarcio, presentato proprio a Rovigo, alla fine del 2009. All’epoca dei fatti una famiglia con due figlie abitava proprio davanti al luogo dell’inferno.

IL RICORDO

Si tratta dei Brugnoli, la cui figlia Giulia, all’epoca aveva 3 anni e così racconta. «Sono viva per miracolo - afferma la 43enne rodigina -. Infatti il lettino dove dormivo, si trovava proprio sotto una finestra a vetro, che con lo scoppio della bomba si ruppe in mille pezzi, finiti tutti sul materasso e sul cuscino del letto. Fortuna ha voluto che i miei genitori proprio quel giorno, avevano deciso di andare in montagna e così eravamo usciti di casa presto, cioè poche ore prima dell’evasione. Quando siamo rientrati, il mio letto ero completamente pieno di vetri rotti della finestra. In pratica mi sento una miracolata, grazie a questa gita fuoriporta decisa dai miei genitori».
Angelo Furlan, 64enne falegname in pensione, fu invece investito dalla deflagrazione dell’autobomba, centrato da un rottame e scaraventato all’ingresso della galleria Pasteur, dove il suo cuore cessò di battere. Negli anni scorsi, la figlia, Maria Teresa, da tempo residente a Torino, più volte lamentò che Rovigo si era dimenticata del padre. In città non c’è infatti, una via con il suo nome, innocente vittima del terrorismo, che colpì lo Stato.
 

Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 10:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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