"Bomba ecologica", l'ex Polychimica messa in sicurezza con la bonifica

Martedì 18 Maggio 2021 di Guido Fraccon
Il sito abbandonato dell'ex Polychimica a Bottrighe

ADRIA - La comunità adriese è pronta mettere una pietra sopra alla triste parentesi del sito ex Polychimica.

La ditta Dema di Mesola (Fe), con un’offerta pari a 340.140,25 euro, si è aggiudicata l’appalto degli interventi di completamento della bonifica e della messa in sicurezza permanente, fase due, del sito di Bottrighe. La società ferrarese ha proposto un ribasso percentuale del 4,71% sull’importo base. L’operazione, con elaborato predisposto dallo studio Sgi Ingegneria di Ferrara, avrà un costo complessivo di 500mila euro, finanziata con un avanzo di amministrazione, derivante da un fondo stanziato dalla Regione. Il 30 dicembre 2010 il Comune aveva ottenuto un finanziamento di ben 1.397.000 euro da restituire in 15 anni.


LA VICENDA
L’area ove insisteva la Polychimica, azienda dichiarata fallita il 6 ottobre 2005 dal Tribunale di Treviso, non è altro che parte dell’ex zuccherificio del paese. Dopo la dichiarazione di fallimento, sul sito rese necessaria una serie di interventi per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti rilevate ma il curatore non disponeva delle risorse necessarie per provvedere alla bonifica. Come da normativa vigente, il Comune di Adria fu costretto ad assumere le iniziative necessarie. Le operazioni effettuate nell’area a partire dal 2013 sono costate finora ai contribuenti 677mila euro. Al completamento della fase due della bonifica, salvo ulteriori sorprese, il sito potrà essere alienato dalla curatela fallimentare in condizioni di sicurezza. In questo modo il Comune potrebbe rientrare delle spese effettuate. Adria inoltre, con provvedimento reso all’udienza del 18 ottobre 2007, era stata ammessa, in via privilegiata, al passivo del fallimento per un importo di 179.400 euro, con riconoscimento del privilegio speciale. 


“BOMBA ECOLOGICA”
Considerato una vera e propria “bomba ecologica”, la Polychimica ha messo per anni sul chi vive gli abitanti della più numerosa frazione adriese. L’azienda era nata come deposito per il trattamento di polietilene, ma sorse il sospetto che parte di questo non fosse smaltito correttamente. Da qui un’inchiesta che portò al sequestro, avvenuto nel 2005, di una vasta area, ridotta in sostanza a discarica di materiali pericolosi come amianto, eternit, idrocarburi e con presunti fenomeni di infiltrazione nelle falde. Molteplici anche gli avvisi dello Spisal in cui si sottolineava la pericolosità del sito per gli stessi lavoratori. I primi interventi di bonifica hanno riguardato in particolare i residui di amianto.

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