Polesine virtuoso nel consumo di suolo, tranne che nel capoluogo e centri maggiori

Lunedì 19 Luglio 2021 di Francesco Campi
La realizzazione di impianti fotovoltaici, come anche di capannoni produttivi nonché di case, aumenta il consumo di suolo

ROVIGO - Nel 2020, l’anno del Covid, in Polesine sono stati cementificati altri 16,3 ettari. Una quota decisamente inferiore rispetto ai 33 del 2019 e ancor di più rispetto ai 48 del 20018. Tuttavia, se il dato colloca Rovigo al 28. posto fra le province più virtuose, si tratta comunque di un valore superiore ai 10 ettari che erano stati consumati nel 2017. Fra l’altro, in sette dei 50 comuni, Bergantino, Bosaro, Ceregnano, Pettorazza, Pincara, Trecenta e Villanova Marchesana, non è stato consumato un metro, mentre in 11 la variazione è stata addirittura negativa, cosa che avviene, in genere, grazie al recupero di aree di cantiere o di superfici che erano state già classificate come consumo di suolo reversibile.

I comuni che hanno recuperato suolo sono stati Melara, San Bellino, Villanova del Ghebbo, Corbola, Lusia, Stienta, Arquà, Frassinelle, Guarda Veneta, Taglio di Po e Ariano, quest’ultimo con ben 2,35 ettari recuperati.

I DATI NEGATIVI
Dalla parte opposta si trova il capoluogo, che nel 2019 era rimasto a zero e che invece ha urbanizzato 5,42 ettari, seguito a breve distanza da Costa con ben 4,14 ettari, da Adria con 3,13, da Lendinara con 2,09, Occhiobello con 1,33 e Villamarzana con 1,08. I restanti comuni hanno tutti un consumo minore di un ettaro, ma maggiore di zero.
Se si mette in rapporto il suolo consumato nel 2020 con il numero degli abitanti, Costa con 16,61 metri quadrati per ogni residente è al sesto posto a livello regionale, mentre Castelguglielmo, Villamarzana e San Bellino, dove l’urbanizzazione della logistica ha avuto un impatto fortissimo, occupano dalla ottava alla decima posizione in Veneto per valore assoluto rispetto alla popolazione.
La fotografia che emerge dal rapporto Ispra evidenzia che Rovigo, avendo raggiunto 1.906 ettari consumati in totale del proprio territorio, pari al 17,5%, è la sesta realtà a livello comunale del Veneto per superficie in valore assoluto, dopo Venezia con 7.168 ettari, Verona con 5.642, Padova con 4.608 ma che a livello percentuale è addirittura il 49,6% della superficie totale, Vicenza con 2.636 e Treviso con 2.206, mentre precede Jesolo, San Donà, Portogruaro e Mira.
Nel 2020, in Veneto la provincia dove il consumo di suolo netto è cresciuto di più è Vicenza con 172 ettari di nuovo suolo artificiale, terza a livello nazionale dopo Roma con 271 e Brescia con 214. In Italia nell’ultimo anno sono stati consumati altri 56,7 chilometri quadrati , ovvero, in media, più di 15 ettari al giorno. E il Veneto, con 682 ettari, è la seconda regione dopo la Lombardia per superfici. In tutta la regione. solo Belluno con appena il 2,81% del proprio territorio trasformato, ha numeri virtuosi, una delle otto province italiane rimaste al di sotto del 3%.

L’ALLARME
«Neanche la pandemia e il lockdown hanno fermato il consumo di suolo - commenta il presidente della Coldiretti polesana Carlo Salvan - la copertura artificiale del suolo agricolo nel 2020 ha toccato la velocità di 2 metri quadri al secondo a livello nazionale. Perdita di terreno significa perdita di colture e perdita di posti di lavoro: secondo l’analisi Coldiretti, il grado medio di autoapprovvigionamento dei prodotti agricoli in Italia è sceso a circa il 75%, con il Paese costretto a importare un quarto degli alimenti di cui ha bisogno in un momento di grandi tensioni a causa dell’emergenza. Inoltre, il consumo di suolo, dal 2012 a oggi, non ha potuto garantire l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie, aumentando la pericolosità idraulica dei nostri territori e alimentando il rischio siccità».

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