In 71 anni siamo passati dalla grande alluvione a una siccità senza precedenti

Martedì 15 Novembre 2022 di Francesco Campi
Un'immagine della tragica alluvione del 14 novembre 1951

ROVIGO - Un giorno che ha cambiato per sempre la storia di questa terra. Ieri ricorreva infatti il 71. anniversario dell’alluvione del Polesine, l’alluvione per antonomasia, la prima grande alluvione dell’Italia repubblicana che si stava risollevando dopo la guerra: il 14 novembre 1951 un’onda di piena ruppe gli argini fra Occhiobello e Canaro, e più di metà dell’intera superficie del Polesine, oltre 100mila ettari, furono sommersi dall’acqua e dal fango, con picchi di altezza fino a sei metri, che permasero per 11 giorni facendo oltre un centinaio di vittime e circa 180mila sfollati. La maggior parte delle vittime, 84, conclusero la propria esistenza nel tragico episodio del cosiddetto “Camion della morte”, ovvero il mezzo adibito al trasporto degli sfollati che al Passo di Frassinelle fu investito dall’ondata di piena. Piena dovuta a piogge eccezionali, che investirono tutta l’Italia, tanto che in quello stesso anno le esondazioni furono molteplici, in varie parti della penisola. Da nessuna parte, però, rovinose come in Polesine, che fu martoriato e devastato e che vide poi una quota consistente della propria popolazione partire per trasferirsi altrove e non fare più ritorno, passando da circa 358mila abitanti a meno di 280mila.

SECCA EPOCALE

Piena che stona incredibilmente con la situazione attuale, che vede il Po dibattersi con una secca epocale, con portate ridotte all’osso, dopo che l’anno idrologico che si è chiuso a ottobre ha fatto registrare il minimo storico di piogge in Polesine come in Veneto. In 12 mesi le stazioni meteorologiche di Sant’Apollinare e Concadirame hanno registrato rispettivamente 383 e 435 millimetri di precipitazione, mentre quella della frazione adriese di Bellombra 398: valori inferiori di 200-300 millimetri rispetto alle medie storiche, pressoché dimezzati. E il 9 novembre la portata del Po a Pontelagoscuro - proprio il punto della rotta di 71 anni fa - era 782 metri cubi al secondo, oltre il 60% in meno delle portate medie stagionali, pari 1900 metri cubi al secondo. Tanto che ancora a novembre si continua a registrare una risalita del cuneo salino attorno ai 10 chilometri.

CRONACHE DELLA TRAGEDIA

Problemi opposti, che oggi come allora il Gazzettino continua a raccontare. Le cronache delle convulse giornate dell’alluvione sono ripercorribili proprio leggendo le edizioni storiche del nostro giornale. Sulle pagine del Gazzettino, il 15 novembre 1951, Luciano Bergamo raccontava: «Alle 20, per tre grandi falle negli argini maestri del Po, prodottesi nella zona di Occhiobello, valanghe di acqua si riversarono nell’Alto Polesine, progressivamente allagando tutta la zona che, tra il Po, la fossa di Polesella e il Canal Bianco, si estende per 40 mila ettari, migliaia e migliaia dei quali già con il grano germinato, verdissimo e promettente. Il Po che in tale zona, a monte di Pontelagoscuro, aveva tracimato alle 14.05, rendendo vane le opere di emergenze costruite durante la notte e la mattinata (...) riusciva ad aprirsi la via verso la bassa campagna con larghe falle in località Mercantone e in località Bosco di Occhiobello (...) e ad un chilometro a valle di Santa Maria, in località Vallone di Canaro; brecce enormi, incontenibili, l’ultima di circa 150 metri di ampiezza. Il grande panico che, fin dalle prime ore del pomeriggio aveva preso le popolazioni, si è tramutato in disperazione; nella notte ormai fonda, si infittivano le file interminabili di gente in fuga con appena qualche striminzito fagotto, o con niente, o anche con meno di niente, appena vestita a mezzo tanto era stato lo spavento e l’impulso della fuga immediata. (...) All’interruzione del traffico sulla Statale 16 da Rovigo a Ferrara, attuata fino da ieri mattina, alle 17 è seguita anche quella dei servizi ferroviari sulla Rovigo-Bologna poiché il transito sul ponte ferroviario di Pontelagoscuro e lungo la zona alluvionata, da Canaro a Occhiobello, è impossibile. Tutti gli autoservizi in partenza verso sera dal capoluogo per i paesi della provincia sono stati requisiti: a Rovigo sono perciò rimaste bloccate anche molte persone che non hanno potuto raggiungere la loro residenza in provincia. Per tutta la notte si sono uditi ancora, lontano, sonare a stormo i campanili delle parrocchie, ai bordi della grande pianura inondata».
 

Ultimo aggiornamento: 07:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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