Le piogge di maggio hanno ridato fiato a falde e fiumi, ma le portate sono ancora sotto la media

Venerdì 9 Giugno 2023 di Francesco Campi
In maggio in Polesine si sono verificati vari episodi di allagamento

ROVIGO - Parlare di siccità dopo quello che è successo, strappa un sorriso amaro. Eppure gli indicatori dicono che il problema non è alle spalle. Maggio, segnato in Polesine da una piovosità estrema, con allagamenti in Alto Polesine e l’esondazione del Ceresolo a Cantonazzo, si ricorderà come l’anno della grande e terribile alluvione dell’Emilia Romagna, ancora prostrata dal disastro che l’ha colpita. Tuttavia, il “Rapporto sulla risorsa idrica di maggio” appena pubblicato dall’Arpav, riserva più d’una sorpresa. E ancora una volta, non positiva.

TEMPORALI

Difficile rendersene conto dal Polesine dove nel mese scorso l’indice Spi, Standard precipitation index, indicatore di surplus o deficit pluviometrico, indica condizioni di “umidità estrema”, esattamente l’opposto della siccità, con un discostamento di circa 200 millimetri di pioggia in più rispetto alle medie storiche di maggio, e dove ancora è continuato a piovere nel primo scorcio di giugno, con temporali eccezionali in particolare in Alto Polesine mercoledì, con allagamenti diffusi fra Salara e Ficarolo, dove in mezz’ora sono caduti ben 75 millimetri di pioggia, e con i vigili del fuoco impegnati in almeno una decina di interventi. E difficile anche capirlo a occhio, visto che il primo maggio a Pontelagoscuro aveva una portata di appena 353 metri cubi al secondo, ben al di sotto della soglia dei 400-450 che è la quota minima per evitare la risalita del cuneo salino, un valore che generalmente si raggiunge in piena estate, mentre il 13 maggio aveva già toccato i 1.116 metri cubi al secondo arrivando, dopo l’ondata di piena in corrispondenza degli eventi eccezionali che hanno messo in ginocchio l’Emilia Romagna, a toccare fra il 20 e 24, valori attorno ai tremila metri cubi al secondo, quasi dieci volte la portata di una ventina di giorni prima. Tuttavia, scrive l’Arpav, «Considerato il deficit pluviometrico già accumulato dall’inizio dell’anno idrologico, meno 132 millimetri, per riequilibrare il bilancio già nel mese di giugno 2023 sarebbero necessari, come dato medio sul Veneto, circa 228 millimetri, considerando 96 millimetri la media storica di giugno 1994-2022».

I FIUMI

Se nella prima metà del mese erano caduti mediamente in Veneto 130 millimetri, con il record di Trecenta con 251, alla fine di maggio il valore medio si è attestato a 174. Una quantità superiore al periodo 1994-2022 di ben il 52%, con circa 3.209 milioni di metri cubi di acqua caduti, il triplo dei poco più di mille dello scorso anno. Ma andando a vedere le portate dei maggiori fiumi veneti, l’Arpav evidenzia come queste siano «in calo nell’ultima decade del corrente mese dopo le morbide registrate ad inizio mese, sono tornate un’altra volta inferiori alle medie storiche su tutti i principali corsi d’acqua: rispetto alla media storica mensile i deflussi sono risultati inferiori del 14% sull’Adige a Boara Pisani, del 29% sul Brenta a Barziza, del 32% sul Po a Pontelagoscuro e del 47% sul Bacchiglione a Montegalda».
Il 24 maggio l’Autorità distrettuale del Po evidenziava come «a scala distrettuale si evidenzia un’importante ripresa dei volumi di risorsa idrica disponibile, sia rispetto all’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio, sia rispetto al medesimo periodo dello scorso anno. Un cambio di tendenza significativo è stato osservato anche nei livelli delle falde con particolare riferimento alla falda freatica di pianura che si presenta ovunque in netta ripresa e localmente anche in saturazione. Ci si appresta ad entrare nel periodo dell’anno in cui vi è maggior utilizzo della risorsa idrica in condizioni decisamente più favorevoli rispetto a quelle che si prospettavano fino a fine aprile, ciò non toglie che localmente potrebbero comunque aversi condizioni di scarsità idrica».
 

Ultimo aggiornamento: 07:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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