Accuse ridotte ai predoni del pesce: niente associazione a delinquere, resta la vendita illegale

Giovedì 19 Gennaio 2023 di Francesco Campi
Accuse ridotte ai predoni del pesce: niente associazione a delinquere, resta la vendita illegale

ROVIGO - Cade l'ipotesi di associazione a delinquere che era stata contestata al gruppo di predoni del Po, finiti al centro della maxi inchiesta sul bracconaggio ittico portata avanti dai carabinieri forestali di Rovigo e culminata il 23 agosto del 2020 con l'operazione Gold river, con la quale è stata disarticolata un'attività organizzata di pesca di frodo in fiumi, canali e laghi di mezza Italia, e di commercializzazione illegale di quanto pescato, immesso sul mercato in barba a tutte le norme igieniche e di tracciamento.

Ieri, infatti, il giudice per le udienze preliminari Raffaele Belvederi ha vagliato le posizioni di 17 persone, quasi tutti romeni, oltre a un ungherese e un italiano, accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio, commercializzazione di prodotto ittico privo di rintracciabilità, pesca con l'utilizzo della corrente elettrica, commercio di sostanze alimentari nocive per la salute e maltrattamento di animali. Per tre, tutto si è fermato a causa della loro irreperibilità. Per gli altri 14, una volta che è stato ritenuto insussistente il reato associativo, le posizioni si sono decisamente alleggerite e per qualcuno è scattato addirittura il non luogo a procedere. Sull'ipotesi di reato di maltrattamento di animali, invece, il giudice ha chiesto delle integrazioni, stralciando quella parte di contestazioni e rinviando tutto in Procura.

LE ACCUSE RIMASTE
Pienamente sussistenti e meritevoli di essere sviscerati in un processo sono state tuttavia ritenute le ipotesi accusatorie legate alla commercializzazione fuori dalle regole del pescato, mal conservato e privo di tracciabilità, così alla fine a giudizio sono finite sette persone. Le battute di pesca illegale con gli elettrostorditori, del gruppo sgominato con l'inchiesta, non avvenivano solo in Polesine e nelle vicine provincie di Venezia e Ferrara, ma anche a Ravenna e nel Mantovano fino ai laghi del Lazio, Trasimeno e Bolsena, e del Piemonte, come quello di Avigliana. Il giro d'affari si attestava sulle decine di migliaia di euro al mese.
Il fulcro di tutto era a Taglio di Po, dove vive il soggetto che era il principale collettore del pesce illegalmente catturato e altrettanto illegalmente commercializzato, che aveva instaurato rapporti commerciali con uno dei più grossi importatori di pesce fresco della Romania, dove trovava sbocco il prodotto raccolto dai predoni, anche taroccando le bolle di accompagnamento.

LE OPERAZIONI
L'inchiesta aveva già portato, nel luglio del 2019, a una prima retata contro i predoni a Taglio di Po, Corbola, Papozze, Occhiobello e Argenta, nel Ferrarese, con perquisizioni e sequestri da parte dei Carabinieri forestali di Rovigo, insieme ai colleghi di Ferrara, Ravenna, Milano, Lodi e Padova, del Nucleo investigativo di Rovigo, della Stazione di Castagnaro, del Soarda, la Sezione operativa antibracconaggio e reati a danno degli animali del Raggruppamento Carabinieri Cites di Roma, e alla polizia locale di Polesella.

Dietro a tutto, un lungo lavoro di indagine per tratteggiare una mappa precisa dei gruppi di pescatori illegali romeni e ungheresi attivi sul territorio polesano, studiandone in maniera dettagliata il modus operandi.

Ultimo aggiornamento: 10:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci