La pandemia non frena l'export: Rovigo unica provincia in crescita

Domenica 25 Luglio 2021 di Nicola Astolfi
La Fresenius di Villadose

ROVIGO - Il fatturato estero delle imprese polesane da quando c’è il Covid va a gonfie vele, ma solo se ci si ferma a guardare il totale dell’export delle aziende locali. La realtà, grazie ai quasi più 490 milioni di euro di export nel 2020, per un totale di circa 2,15 miliardi di euro di prodotti esportati rispetto a 1,66 nel 2019 senza coronavirus, è che a rendere Rovigo l’unica provincia del Veneto con un bilancio positivo nel fatturato estero in questa fase mondiale, è stato essenzialmente l’aumento del commercio di medicinali e preparati farmaceutici, dovuto proprio alla pandemia.

Per tutte le altre province venete, tra il 2019 e il 2020 l’export è diminuito.

Si va dal meno 21,8% a Belluno, meno 12% a Padova, meno 9,4% a Vicenza, meno 9,1% a Venezia, meno 7,3% a Treviso, fino al meno 4,2% a Verona, con la media veneta (meno 8,2%) che è comunque migliore rispetto al dato nazionale (meno 9,7%). Il Polesine è l’eccezione con il più 29,5% nella capacità di esportazione tra 2019 e 2020. Allo stesso tempo è vero che i prodotti made in Polesine rappresentano una quota minore, il 3,6%, dei 65,14 miliardi di fatturato estero del Veneto nel 2020. La quota polesana nel 2019, però, era pari al 2,6%.

E così il balzo di un punto percentuale nell’anno della pandemia si deve soprattutto alla produzione di aziende come la Fresenius Kabi Ipsum di Villadose, affiliata della multinazionale tedesca. È un esempio del settore che nel 2020, con un valore esportato di oltre 850 milioni di euro, ha contato per un terzo dei circa 2,15 miliardi di prodotti venduti all’estero dalle imprese attive in Polesine. Nel 2019 l’export dallo stesso comparto era stato poco sopra i 305 milioni e nel 2018 pari a poco più di 81,7 milioni. La crescita è evidente.

GLI ALTRI SETTORI

Dipende, però, solo da questo settore che il Polesine sia stato nell’anno della pandemia la migliore provincia del Veneto nell’export, almeno in termini percentuali, visto che la leader resta Vicenza con 16,8 miliardi di euro di export? Ipotizzando che in Polesine le esportazioni del comparto prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici avesse “solo” seguito tra il 2019 e il 2020 la media veneta (più 87,8%), applicare lo stesso aumento al settore in provincia di Rovigo significherebbe comunque un più 12,8% di prodotti esportati sommando tutti i comparti. Tra il 2019 e il 2020, infatti, nonostante la pandemia ci sono anche altri settori in Polesine che sono andati bene in termini di export. I prodotti agricoli, per esempio: l’export è aumentato del 26,7% passando da 42,6 milioni di euro a quasi 54, rispetto alla vicina Padova che nel settore resta la provincia leader nell’export veneto con 168 milioni di euro di prodotti, ma in flessione del 10,7% rispetto all’ultimo anno senza coronavirus, mentre la media veneta nel confronto tra 2019 e 2020 è stata più 0,35%. Va pure ricordato che l’export polesano di prodotti agricoli era cresciuto fino a 70,5 milioni di euro nel 2016 e a 71,7 nel 2017.


Risultano in crescita in Polesine, tra il 2019 e il 2020 le esportazioni dei settori bevande (più 3,58% con 53,7 milioni di euro: nel 2012 erano 1,7 milioni), quelle degli altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (più 297%, divisione che include le attività di lavorazione di sostanze singole di origine minerale come vetro, cemento e gesso), inoltre di prodotti delle altre industrie manifatturiere (più 90,2% passando da 32,7 a 62,1 milioni di euro di export). È aumentato anche l’export della divisione che include la raccolta, il trattamento e lo smaltimento di rifiuti (più 129% con 1,7 milioni di euro). Nel 2020 hanno sofferto, invece, le esportazioni degli articoli di abbigliamento (meno 26,2% rispetto al 2019) e articoli in pelle (meno 31,2%), divisioni che insieme avevano esportato prodotti per 89,3 milioni di euro nel 2019, arrivando a 64,7 nel 2020. In calo anche l’export di prodotti chimici nello stesso periodo (meno 11,8% da 215,7 a 190,1 milioni di euro) e pure gli articoli in gomma e materie plastiche (meno 6,04%), infine la divisione che include tra le diverse attività anche la fabbricazione delle apparecchiature utilizzate nei parchi di divertimento (meno 11,5%).

 

Ultimo aggiornamento: 17:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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