Squartò il marito in preda a un delirio di gelosia: la donna era in grado di intendere

Sabato 17 Dicembre 2022 di Francesco Campi
Nadire Kurti e Luciano Finotti

BADIA POLESINE - In grado di stare in giudizio, ovvero di sostenere un processo, seppur la sua capacità di intendere fosse grandemente scemata quel drammatico 21 luglio, quando ha ucciso a colpi di accetta il marito 72enne, obnubilata dalla gelosia e da deliranti vagheggiamenti su sue inesistenti amanti e presunte conversazioni amorose e richieste di denaro attraverso un microchip nell'orecchio.
Queste le principali conclusioni cui è giunto il perito nominato dal giudice per le indagini preliminari, lo psichiatra Luciano Finotti, analizzando il profilo psicologico di Nadire Kurti, la 68enne detenuta nel carcere femminile di Verona accusata dell'omicidio e della distruzione del cadavere del coniuge, il pensionato Shefki Kurti, di Badia Polesine, il cui corpo orrendamente smembrato è stato ripescato nel canale Adigetto tra il 28 e il 31 luglio scorsi.

Conclusioni che il perito ha riferito al giudice per le indagini preliminari Nicoletta Stefanutti nell'udienza, nella in forma di incidente probatorio, che si è tenuta ieri. Il dottor Finotti ha evidenziato come, invece, molto meno scemata fosse in quel momento la capacità di volere della donna, che, tuttavia, a suo giudizio, non si trova attualmente in uno stato tale da far ritenere che possa sussistere un pericolo di reiterazione del reato nel caso fosse seguita da un centro di igiene mentale.

DELITTO EFFERATO
La difesa della donna, affidata al penalista padovano Franco Capuzzo, ha rivolto alcune domande al perito, secondo quanto suggerito dal proprio consulente di parte, il professor Giuseppe Sartori del Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova, per il quale la donna non avrebbe invece la capacità di stare in giudizio. L'omicidio di Badia ha segnato l'estate polesana, dal ritrovamento della gamba del 72enne alla chiusa di Villanova del Ghebbo, la mattina del 28 luglio, seguita dagli ulteriori macabri ritrovamenti che come tessere di un puzzle dell'orrore hanno poi portato i carabinieri a ricostruire l'intera tragedia che si era compiuta fra le mura dell'abitazione della coppia in via Ghirardini, fino alla confessione della donna, il 18 agosto.

LE INDAGINI
Davanti al pm Maria Giulia Rizzo e agli investigatori del comando provinciale dei carabinieri di Rovigo, poi anche nell'interrogatorio di garanzia, la donna ha infatti descritto, minuto per minuto, nella più totale crudezza di ogni singolo dettaglio, quel che era successo giovedì 21 luglio. Dopo un litigio, il marito le avrebbe puntato un coltello in pancia e lei, per tutta risposta, avrebbe preso l'accetta che l'uomo conservava dietro la porta della loro camera da letto, colpendolo alla nuca e fracassandogli il cranio, continuando a vibrare altri fendenti mentre lui era già agonizzante sul loro letto matrimoniale, rosso di sangue. Poi ha spostato il lenzuolo con il corpo massacrato fino in bagno, nella doccia, rendendosi conto che così non avrebbe potuto trasportarlo e decidendo quindi di tagliarlo, prima con l'accetta, poi con i coltelli presi in cucina, mettendo ciascun arto, la testa, le interiora e il busto in sacchi neri e riponendoli nel congelatore.

AZIONE LUCIDA
«Come si fa con la gallina», ha detto nel suo agghiacciante racconto. Poi, ha preso lo straccio e ha iniziato a pulire dal sangue. Un lago di sangue, nella camera e nel bagno, le cui tracce sono poi apparse copiose e raggelanti quando i Ris hanno eseguito il sopralluogo nell'appartamento. Infine, dopo aver atteso che calasse la notte, così da essere sicura che nessuno la vedesse, ha recuperato i sacchi con i resti surgelati del marito e i coltelli usati per andare a buttarli nell'Adigetto, così sbarazzandosene. Poi, le bugie ai figli, e un orrore custodito nel silenzio, anche quando i pezzi del corpo del marito sono stati ripescati una settimana dopo, il 28 luglio. Dopo gli ulteriori ritrovamenti e aver scoperto l'identità dell'uomo, i carabinieri avevano già trovato le prime risposte, ma apparivano così terribili e così poco credibili. Invece, quella che sembrava una trama di un giallo poco credibile o un crudo racconto di mitologie nordiche, era davvero quanto realmente accaduto.

 

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