Accoltellò il padre con le forbici: «Non fu la causa della morte». Figlio a processo per tentato omicidio

Mercoledì 14 Luglio 2021 di Francesco Campi
La casa dove Terenzio abitava con il padre

CORBOLA - È stato rinviato a giudizio Terenzio Roma, il 46enne di Corbola, detto Simone, che attorno alle 19 del 5 agosto dello scorso anno ha impugnato un paio di forbici e, con queste, ha colpito più volte alla gola il padre 85enne, gravemente malato e suo omonimo, spentosi a poche ore di distanza. L’ipotesi di reato contestata al 46enne non è di omicidio, bensì di tentato omicidio, aggravato dal legame di parentela. L’autopsia è stata eseguita all’obitorio di Adria sulla salma dell’anziano, da Andrea Porzionato, docente di anatomia patologica dell’Università di Padova incaricato dal pm Ermindo Mammucci, alla presenza del consulente della difesa, il medico legale di Este Luca Massaro, nominato dall’avvocato Cristina Zangerolami che assiste l’imputato. Secondo l’esame autoptico, i colpi ricevuti dal figlio, con un paio di forbici da lavoro, con la punta arrotondata, non hanno causato la morte del padre. L’età e la malattia che affliggeva l’85enne, in pensione da tempo dopo aver lavorato prima nel settore delle lapidi e poi, da precursore, in quello dei giochi e delle slot machines, non gli lasciavano più molto tempo da vivere e i medici l’avevano già comunicato alla famiglia.

II figlio, nonostante una situazione psicologica caratterizzata da evidenti fragilità e problematiche, l’aveva sempre accudito e i due vivevano in una sorta di simbiosi nella loro casa di via Pampanini. 

SITUAZIONE DIFFICILE
L’anziano era stato appena dimesso ed era tornato a casa, ma le sue condizioni erano più che precarie. Forse proprio vedere il padre quasi moribondo ha fatto scattare qualcosa nella mente del 46enne, quasi a voler porre fine alla sua agonia. Per questo l’avrebbe quindi prima colpito con un pugno al volto, poi, con delle forbici. Con la volontà di uccidere, secondo la ricostruzione del pm Mammucci, che per questo muove l’accusa di tentato omicidio, non riuscendo nel proprio intento perché un’altra persona si è nel frattempo frapposta, attenuando la potenza dei colpi inferti e poi bloccando la sua azione.
Una sorella, che dopo aver chiamato i soccorsi ha poi chiamato anche il sindaco di Corbola Michele Domeneghetti per valutare l’esecuzione di un Tso. Il medico del Suem aveva medicato l’anziano, che in un primo momento non sembrava aver riportato lesioni particolarmente preoccupanti, tanto da considerare il reato di lesioni personali. Il 46enne è stato a sua volta trasportato all’ospedale di Adria per essere ricoverato in psichiatria, dove era posto ai domiciliari. Il padre poi si è spento, ma non per i tagli sul collo: sarebbe stato il venir meno del filo che lo teneva ancora aggrappato alla vita, l’accudirsi vicendevolmente con il figlio.
Una vicenda umana dolorosa e un caso giudiziario con aspetti delicati. A cominciare, proprio, dal quadro psicologico del 46enne, che era già stato seguito dal servizio di Psichiatria dell’Ulss Polesana per disturbi di natura schizofrenica. Per questo, già in fase preliminare, il sostituto procuratore Mammucci ha affidato anche allo psichiatra forense Luciano Finotti, dirigente dell’Ulss 5, l’incarico di eseguire una consulenza sulla capacità d’intendere e di volere dell’uomo. La valutazione è stata che fosse in grado di intendere e volere, mentre il consulente della difesa lo ha ritenuto parzialmente incapace. Una questione che sarà sicuramente ulteriormente affrontata nel processo che prenderà il via il 7 ottobre.
 

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